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"Delega di funzioni: autonomia di spesa, pubblicità e vigilanza"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
16/10/2014 -
Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo dell’avvocato Dubini sul
tema della delega di funzioni prevenzionistiche e di protezione dei lavoratori.
Nella prima parte l’articolo si era soffermato su alcuni requisiti
giuridici della delega di funzioni: la data certa, i requisiti di
professionalità ed esperienza, l’attribuzione al delegato di tutti i necessari
poteri di organizzazione, gestione e controllo. L’ultima parte, che sarà
pubblicata la prossima settimana, si occuperà dell’istituto della subdelega.
Come già ricordato dall’avvocato Dubini l’
articolo 16
del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 disciplina i requisiti di sostanza e di
forma che la
delega dei compiti di prevenzione
deve contenere per essere efficace:
Articolo 16 - Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del
datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti
limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto
recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i
requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura
delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato
tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato
l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.
e) che la delega sia accettata dal
delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve
essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo
di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento
da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo
periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del
modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4.
3-bis. Il soggetto delegato può, a
sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni
in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui
ai commi 1 e 2. La delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude
l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto
espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata
conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare
le funzioni delegate. |
d. La necessaria autonomia di spesa del
delegato
Ai sensi della
lettera d)
è richiesto
“che essa
attribuisca al delegato
l’autonomia di spesa
necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate”.
E’
dunque previsto l'effettivo trasferimento dei poteri in capo al delegato con
l'attribuzione di una completa autonomia decisionale e di
gestione e con piena disponibilità
economica: pertanto la delega deve trasmettere al delegato non solo l'obbligo
al rispetto delle norme di sicurezza ma anche i mezzi tecnici ed economici e i
poteri organizzativi necessari per adempiere quell'obbligo (v. Cass. pen. 23
febbraio 1993, n. 1760; Cass. pen. 23 marzo 1994, n. 3455 che impone il
conferimento di
“mezzi adeguati al corretto espletamento dell'incarico”;
cfr. anche Cass. pen. 2 aprile 1997, n. 3045). In tal senso, anche prima che il
legislatore normasse la materia, era stato ritenuto esente da responsabilità il
tecnico comunale che, non avendo i mezzi necessari per far fronte agli
adempimenti del caso, abbia ripetutamente sollecitato chi di tali poteri era in
possesso (Cass. pen. 23 giugno 1994, n. 7301).
Autonomia
di spesa non è tale quando contenuta nei limiti del budget assegnato, che può
anche essere uguale a zero, ma deve indicare o un potere di spesa effettivo e
incondizionato senza limiti o comunque un potere di spesa definito e al di
sotto del quale non si può in alcun modo comprimere. La Cassazione (Cass. Pen., 26 settembre 2001) han
affermato che
l’autonomia del delegato
può essere paragonabile a quella dell’imprenditore, anche per quanto riguarda
l’accesso ai mezzi finanziari. E' giusto ricordare, in ogni caso, che vi sono
obblighi di sicurezza e igiene del lavoro che prescindono dalla possibilità di
esercitare ampi poteri o disponibilità di risorse economiche per essere
adempiuti quali gli obblighi di controllo, quelli di informazione o di
segnalazione, di vigilanza e sorveglianza, di riorganizzazione del lavoro e/o
delle mansioni qualora non richiedano appunto l'esercizio di poteri di spesa.
Il
requisito della attribuzione di autonomia finanziaria (ovviamente eccezion
fatta per i rari casi in cui i l’espletamento dell’oggetto della delega non
necessiti di risorse finanziarie,
ad es. la delega ad una nomina
etc.
) veniva anche in precedenza richiesto dalla giurisprudenza quale
condizione necessaria ad assicurare l’effettività della attribuzione della
piena autonomia decisionale al delegato, giacché il riconoscimento
dell’autonomia gestionale sarebbe soltanto apparente, ove al delegato non fosse
concessa una certa libertà di disposizione dei mezzi finanziari occorrenti al
concreto assolvimento degli obblighi impostigli. Al riguardo, va sottolineato
come tale autonomia finanziaria debba essere assicurata soprattutto attraverso
la previsione di limiti di spesa sufficientemente ampi e, comunque, idonei a
consentire al delegato di operare efficacemente nell’ambito delle funzioni delegate.
È
chiaro, inoltre, che il requisito in parola va inteso nel senso che il delegato
deve poter costantemente decidere l’effettuazione di una spesa per
l’apprestamento di mezzi antinfortunistici senza alcuna preventiva
autorizzazione od assenso da parte del delegante, o di altro soggetto.
Perciò
si ritiene possa essere ammissibile che una persona delegata possa avere un
tetto massimo di spesa a cui fare riferimento purché, nello stabilire tale
tetto, si tenga conto di un principio di congruità (
deve essere
ragionevolmente rapportato alla dimensione aziendale, alla complessità dei
problemi da affrontare, ecc...); questa rappresenta l’unica limitazione ammissibile
(Cass. 30 gennaio 2001 n. 3492).
Dunque il delegato deve possedere
tutti i mezzi finanziari necessari allo svolgimento delle funzioni delegate
(deve cioè avere, secondo la giurisprudenza, poteri di spesa tali da poter far
fronte, in piena autonomia, alle esigenze in materia di sicurezza derivanti
dalla specifica natura delle funzioni delegate).
Più ampia è la delega,
maggiori saranno i poteri di spesa; se invece la delega è circoscritta a
determinati poteri e ambiti, il datore può fissare un tetto massimo di spesa da
rapportare alle azioni da compiere (Cass. pen .20.2.2008, n. 7709).
La
giurisprudenza ritiene
non idonea a
liberare da responsabilità il datore di lavoro una delega di funzioni in cui il delegante prevede che
il delegato utilizzerà in autonomia il
budgetassegnato e informerà il datore delegante non appena questo
budget sarà insufficiente rispetto
alle spese da sostenere. Ciò perche il
delegato, in tal caso, non possiede autonomia finanziaria adeguata rispetto
agli obblighi di sicurezza da assolvere e quindi, l’intera osservanza delle
prescrizioni in tema di sicurezza rimane
in
toto in capo al datore di lavoro (vedi Corte d’Assise di Torino,
13.11.2011, n. 31095).
Sulla
relazione
tra responsabilità penale e autonomia di spesa si vedano le seguenti
sentenze:
a) il dipendente [di una pubblica amministrazione]
nominato “datore di lavoro” ai sensi di legge e dunque responsabile della
sicurezza sul lavoro dei propri subordinati, qualora disponga di poteri di
gestione ma non di autonomia di spesa,
potrà incorrere in responsabilità
solo ove non richieda a chi ha poteri di spesa l’acquisto di ciò che serve per
scongiurare incidenti [ T.A.R. Umbria 11/11/1998 n.1032];
b) in tema di lesioni colpose per violazione di norme
antinfortunistiche qualora la Corte di Cassazione, ai fini dell’accertamento
della responsabilità del direttore dello stabilimento ovvero del capo reparto subdelegato, abbia richiesto al Giudice di
rinvio di accertare se il predetto direttore aveva il potere di organizzare
diversamente il lavoro, disponendo dei necessari mezzi finanziari, ed il
Giudice di rinvio abbia accertato che tali mezzi economici erano nella
disponibilità del direttore dello stabilimento (per i poteri attribuitigli dal
regolamento aziendale e per l’ampiezza della preposizione institoria),
escludendo che il subdelegato godesse di capacità di spesa e disponibilità
finanziaria, è irrilevante accertare quali fossero i compiti del capo reparto,
la
cui responsabilità resta esclusa per l’indisponibilità dei mezzi finanziari [Cass.
Pen. sez. III, 15/12/1997, n. 1769];
c) il legale rappresentante ed
amministratore delegato di un grande gruppo industriale non è responsabile per
l’infortunio di un dipendente verificatosi in uno stabilimento periferico e
causato dalla mancanza di un dispositivo di protezione, quando vi sia un
responsabile dell’unità produttiva che sia dotato di un budget di cui possa
autonomamente disporre [Pretura di Milano, 4/11/1998];
d) sussiste la responsabilità
del datore di lavoro e legale rappresentante di una spa per infortunio ad una
lavoratrice: nel caso di specie l'imputato veniva accusato di aver adottato una
macchina denominata "strettoio", assimilabile ad una pressa
pneumatica a pedali, che, pur prevedendo l'impiego automatico di due
lavoratori, non disponeva né di dispositivi di sicurezza quali barriere
fotoelettriche o altro, nè di un doppio comando che imponesse ad entrambi i
lavoratori di avere le mani impegnate durante il ciclo di pressatura. Così
succedeva che la lavoratrice veniva colpita da una pressa per un errore di
coordinamento con il collega, il quale dava il comando di serraggio, mentre la
stessa stava ancora agendo in una zona pericolosa della macchina. Condannato in
primo e secondo grado, ricorre in Cassazione che rigetta il ricorso. In merito
alla doglianza dell'imputato su una presunta delega di funzione ad altro
soggetto, la Corte afferma che la sentenza impugnata ha correttamente rilevato
che, anche se si dovesse ritenere la sussistenza di una delega da S. al socio
R., tale circostanza comunque non escluderebbe la responsabilità penale
dell'odierno ricorrente, dal momento che non risulta dimostrato che,
nell'ambito delle funzioni delegate, il R. avesse anche una piena ed autonoma
capacità di spesa, tale da consentirgli una gestione completa ed efficiente del
sistema antinfortunistico. Il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2,
lettera b) così come modificato dal Decreto Legislativo n. 242 del 1996,
considera infatti il datore di lavoro "il soggetto titolare del rapporto
di lavoro con il lavoratore" o comunque "il soggetto che, secondo il
tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa
ovvero dell'unità produttiva, quale definita dalla lettera i) in quanto
titolare dei poteri decisionali di spesa". Con l'avverbio
"comunque"
il legislatore ha inteso dare netta preminenza al
criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale
quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale. E' evidente
che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell'unità
produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa
rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà
qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno
attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli
adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i
quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali
violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili
[ Cassazione
Penale, Sez. 4, 26 aprile 2011, n. 16311].
e. Accettazione
scritta, e con data certa, della delega
La lettera e)
prevede, in ultimo,
“
che
la delega sia accettata dal delegato per
iscritto”.
Ciò è conforme alla natura della delega che è un atto
recettizio; pertanto la giurisprudenza aveva già stabilito che colui al quale
viene conferita dovesse accettare in modo espresso (firma) e che dovesse essere
consapevole di cosa accettava (Cass. 1/06/2001 n. 22326).
Se però prima del D.Lgs. n. 81/2008 era richiesto che il
delegato avesse manifestato il proprio consenso, almeno tacito, alla delega
stessa (Cass. pen. 2 aprile 1997, n. 3045; Cass. pen. 28 dicembre 1994, n.
12762; Cass. pen. 23 marzo 1994, n. 3455; Cass. pen. 23 febbraio 1993, n.
1760), ora è richiesta l’accettazione esplicita in forma scritta.
f. Adeguata e tempestiva pubblicità
alla delega
È in ultimo
specificato che
alla
delega deve essere data adeguata e tempestiva
pubblicità (v. Corte di Cassazione, Sez. III pen., 27
maggio 1996, n. 5242, Zanoni e altri, che richiedeva l'esistenza di precise ed
ineludibili norme interne o disposizioni statutarie, atte a disciplinare il
conferimento della delega ed adeguata pubblicità della medesima), come ad
esempio l'iscrizione di compiti del delegato alla camera di commercio,
l'allegazione della delega al documento di valutazione dei rischi, la
comunicazione del nominativo del delegato al rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza.
La pubblicità della delega ha lo scopo
di “...rendere certo
l’affidamento dell’incarico a persona bene individuata, che lo abbia
volontariamente accettato nella consapevolezza dell’obbligo di cui viene a
gravarsi, vale a dire quello di osservare e far osservare la normativa di
sicurezza, e per altro verso, allo scopo di evitare indebite esenzioni e
compiacenti sostituzioni di responsabilità” [Cass. Pen. Sez. IV sentenza n.
39266 del 4.10.2011]. Il requisito di adeguata e tempestiva pubblicità si ritiene soddisfatto
quando effettuato con mezzi che assicurano alla notizia notorietà all’interno
del luogo di lavoro, risultando in tal modo l’informazione efficace in quanto
di facile e immediato apprendimento – ad esempio attraverso l’affissione
dell’atto nei locali dell’azienda- (vedi Parere prot. N. 0031280 del 7.10.2008
del Dipartimento per la regolazione del mercato del Ministero dello Sviluppo
Economico). In via analogica, dunque, può applicarsi la giurisprudenza relativa
all’art. 7 della legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) sull’affissione del
codice disciplinare in luogo accessibile a tutti i lavoratori (tipo bacheche
aziendali o luogo di timbratura dei cartellini).
g. Obbligo di vigilanza del datore di lavoro
delegante sul delegato del datore di lavoro
Il terzo comma dell’articolo 16 prevede
poi che
“la delega di funzioni
non esclude
l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto
espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si
esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo
30, comma 4”, ovvero attraverso l'organo
di vigilanza e il modello organizzativo conforme al D.Lgs. n. 81/2008. Vi è
dunque una presunzione legale relativa di adempimento dell’obbligo di vigilanza
da parte del datore di lavoro attraverso il Modello di Organizzazione e
Gestione ex art. 30, comma 4 del D-Lgs. n. 81/2008/D.Lgs. 231/2001 (Cass. Pen.,
19.03. 2012, n. 10702).
Dunque il legislatore ha dato un riconoscimento formale ad un
certo orientamento giurisprudenziale che sosteneva,
anche in caso di delega di
funzioni, una permanenza in capo al
dante incarico di un obbligo di vigilanza sull’incaricato.
Questo
vuol dire che la delega stessa deve indicare con quali strumenti viene
realizzata tale vigilanza, che può consistere nel prevedere l'obbligo del
delegato di relazionare almeno una volta all'anno su come ha svolto i compiti
conferiti e/o attuando in modo completo ed effettivo l'eventuale modello
organizzativo di cui al D. Lgs. n. 231/2001, ed in particolare adottando le
linee guida Uni-Inail sui sistemi di gestione del 2001 o lo standard BS-OSHAS
18001, come esplicitamente previsto dall'art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008.
Occorre
rilevare come siffatta opinione non fosse costantemente seguita della Suprema
Corte, emergendo da altre decisioni, oggi superate dal dettato normativo, un
orientamento incline ad interpretare la delega di funzioni come un meccanismo
idoneo a determinare un’integrale traslazione in capo al delegato (della
titolarità) dello specifico obbligo antinfortunistico originariamente facente
capo al delegante, con la conseguente liberazione del secondo da ogni
responsabilità in ordine al suo (eventuale) inadempimento e la correlativa
concentrazione della stessa a carico del primo.
L'
obbligo di vigilare sul delegato, che è uno dei requisiti di
validità della delega previsto dall'art. 16 del D.Lgs. n.81/2008 si fonda su
una data e prolungata elaborazione nella giurisprudenza di legittimità:
a) la responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme
antinfortunistiche, qualora si faccia coadiuvare da un dirigente nel controllo
delle modalità di esecuzione del lavoro e in quello per il rispetto delle
citate norme, viene meno solo se … controlli che colui al quale ha conferito la
delega la usi concretamente [Cass. Pen. sez. IV, 6/10/1995, n.12297];
b) sull’imprenditore stesso incombe
l’obbligo di controllare che la
persona capace e qualificata da lui delegata adempia regolarmente alle funzioni
delegategli [Cass. Pen. sez. V, 85/massima 090614].
L'obbligo di vigilanza è comunque soggetto al principio di esigibilità:
“la vigilanza deve essere modulata sulla base della tipologia e delle
dimensioni dell’impresa, giacché, altrimenti, attraverso la cd. «culpa in
vigilando» sull’operato del delegato si giunge ad un’ipotesi di responsabilità
oggettiva del titolare. L’obbligo di vigilanza deve essere contemperato con il
divieto di non ingerenza. (Cass. Pen, Sez. III, 23.06.2004, n. 28126).
Dunque
l’attribuzione della
delega non esclude affatto, anzi implica, l’obbligo di vigilanza del Datore di
Lavoro per quanto attiene al corretto espletamento delle funzioni trasferite da
parte del delegato alla sicurezza: questa doverosa vigilanza “...non si
identifica con una azione di controllo sulla concreta, minuta conformazione
delle singole lavorazioni, in quanto al delegato vengono trasferite le
competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo...”. Per questo
motivo non si può ipotizzare in capo al Datore di Lavoro (delegante) “...un dovere di vigilanza esteso sino a
controllare personalmente la gestione di aspetti contingenti delle singole
lavorazioni...”.
L’efficacia liberatoria della delega viene dunque meno
se un datore di lavoro viene a conoscenza del fatto che il delegato è
inadempiente agli obblighi posti a suo carico o che non vengono osservate
misure di sicurezza; ciò perché il datore, anche nel caso in cui vi sia un
delegato,
è comunque tenuto ad esercitare un controllo concreto
sull’andamento della gestione dell’impresa e quindi sulle funzioni delegate,
così da poter provvedere, nel caso, a sostituire il soggetto delegato con altro
nuovo soggetto per far fronte al mancato o inidoneo esercizio della delega ( Cass.
pen. 24.2.2011, n. 12027). In tali casi il delegante torna a ricoprire la
sua originaria posizione di garanzia di cui si era spogliato a favore del
delegato e torna automaticamente ad essere investito del dovere di intervenire immediatamente
per rimuovere la situazione antigiuridica riscontrata, diversamente, diviene
soggetto penalmente responsabile.
Poiché l’obbligo di vigilanza del Datore di Lavoro riguarda “...la correttezza della complessiva
gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo,
momento per momento, delle modalità di svolgimento delle lavorazioni...”
[Cassazione Penale Sez. IV, n. 10702 del 19.03.2012] la Corte di Cassazione, a
fronte della presenza di una valida delega sulla sicurezza, ha annullato senza
rinvio la Sentenza della Corte di Appello di condanna del Datore di Lavoro per
non aver commesso il fatto
.
L’obbligo di vigilanza del datore deve
però trovare un equilibrio con il divieto di ingerenza dello stesso datore
nella sfera del delegato, altrimenti verrebbe meno la stessa efficacia della
delega (Cass. pen. 23.6.2004, n. 28126).
h. La nomina dell'Rspp non è una delega
di funzioni
La giurisprudenza della cassazione è
solidamente attestata su questo punto fermo:
“l'RSPP agendo come ausiliario
del datore di lavoro, fa si che quest’ultimo rimanga sempre direttamente
obbligato ad assumere le necessarie iniziative atte a neutralizzare le
situazioni di pericolo e di rischio” (cfr. Cass. Pen. Sez. IV, 26.03.2013,
n. 21628; Cass. Sez. feriale, 12.08.2010, n. 32357).
Dunque la designazione del RSPP non esonera il
datore di lavoro dalle responsabilità che su di lui incombono in materia:
sull’argomento cfr. Cass.pen. sez. IV, 24 maggio 2011, n.20576; Cass. pen.,
sez. IV, 4 febbraio 2010, n. 4939, ISL, 2010, n. 5, 321; Cass. pen., sez IV, 26
agosto 2010, n.32357, NGL, 2010, 677; Cass. pen, sez. III, 11 settembre 2006,
n. 29882; né che la nomina del RSPP costituisce delega di funzioni ai
sensi dell’art. 16 del T.U. (Cass. pen., sez IV, 1 dicembre 2009, n. 45931).
Il “
RSPP – al di
là della specifiche funzioni che la legge gli assegna – alla stregua di un
‘consulente’ di fiducia del datore di
lavoro [1], per certi aspetti è “colui attraverso il quale passano
le decisioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, quanto meno
sotto il profilo delle scelte tecnico/professionali: e ciò anche al di là del
(e nonostante il) fatto che si tratta di soggetto che, a differenza degli altri
(addirittura dello stesso lavoratore), dei propri obblighi non è chiamato a
rispondere penalmente [2]” [Dubini-Fantini I compiti e le responsabilità delle
figure della prevenzione. Vol. 2, EPC. Roma, 2014].
Approfondimento
La soluzione del legislatore
prevede l’assoluta
intrasferibilità dei compiti primari del datore di lavoro
e
la completa delegabilità - con conseguente liberazione da ogni
responsabilità di tipo penale -
di tutti gli altri adempimenti di natura
esecutiva ed attuativa, come sottolineato dalla Suprema Corte:
“In
materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, quando le misure
antinfortunistiche devono essere apprestate a livello direttivo,
l’imprenditore, essendo destinatario dell’obbligo per le precise ed inequivoche
prescrizioni dell’art. 2087 cod. civ., non può delegarne ad altri l’osservanza.
In sede di materiale attuazione delle misure, può esservi la delega a preposti
a singoli incarichi, ma costoro di regola non si sostituiscono alle mansioni
direttive dell’imprenditore, tranne che, per le grandissime dimensioni
dell’impresa, non vi sia la nomina di
un direttore qualificato e capace e
soprattutto dotato di poteri di ampia iniziativa nel campo della prevenzione”(Cass. IV, sent. 8337 – 17.7.1987).
La delega
conferita per l’adempimento degli obblighi
indelegabili previsti dall’art. 17 del D.Lgs. n.
81/2008
, quindi al di fuori dei casi ammessi dall’ordinamento, è da
considerarsi nulla e quindi improduttiva di effetti giuridici (al pari di
quella priva dei necessari presupposti di sostanza e di forma): tale nullità determina
la riconduzione delle responsabilità penali connesse agli obblighi che si
volevano trasferire alla sfera giuridica del datore di lavoro.
Il
decreto n. 81/2008 conferma la possibilità di ampia delega degli obblighi di
sicurezza incombenti sul datore di lavoro, previa definizione di un numero
limitato e tassativo di esclusioni. L’intento perseguito è quello di
rafforzare
il processo di responsabilizzazione dei massimi livelli della gerarchia
dell’Azienda/Ente, affinché possa partire dal vertice l'impulso idoneo ad
attivare, nel migliore dei modi possibili, il complesso meccanismo della
programmazione prevenzionale organizzata e capace di coinvolgere l'intera
struttura gerarchica presente in azienda/nell’ente.
Alla base del
riconoscimento di tale istituto da parte della giurisprudenza vi è l’idea che
la delega, se concepita come
strumento
organizzativo per la definizione di un organigramma aziendale della
sicurezza realmente rispettoso delle effettive competenze e se utilizzata senza
finalità elusive delle norme di prevenzione, può costituire un mezzo con cui il
datore di lavoro può operare scelte strategiche di fondamentale importanza e
supplire, così come richiesto dall’ordinamento, alla propria incompetenza
tecnica attraverso il conferimento di incarichi ad altri soggetti qualificati.
È in base a tale
concezione della delega quale
strumento
di organizzazione che viene formulato, all’interno delle pronunce
giurisprudenziali, il collegamento tuttora riscontrabile tra impossibilità da
parte del datore di lavoro di assolvere agli obblighi imposti dalla normativa sulla
salute e sicurezza sul lavoro e legittimità della delega, e che quindi si
afferma il principio secondo il quale
“l’imprenditore può
legittimamente
delegare ad altro soggetto gli obblighi su lui gravanti, attinenti alla
tutela
antinfortunistica, solo se si trovi impossibilitato ad esercitare di
persona i
poteri-doveri connessi alla condizione di naturale destinatario della
normativa
antinfortunistica, per la complessità ed ampiezza dell’azienda, per la
pluralità di sedi e stabilimenti di impresa o per altre ragionevoli
evenienze,
sì da escludere una immotivata dimissione del suo ruolo legale” [Cass.
II, sent. n. 9994 del 20-9-1994. Cfr. anche Cass. III, sent. n.
2698 del 14.3.92].
Il requisito
dell’impossibilità da parte del datore di lavoro di farsi carico degli obblighi
antinfortunistici
è stato per lo più in quegli anni interpretato dalla
giurisprudenza nel senso che l’azienda debba essere di dimensioni tali che il
titolare non possa da solo garantire il rispetto della normativa
antinfortunistica o che essa debba presentare una complessità
tecnico-organizzativa tale da giustificare il trasferimento ad altri soggetti
dell’obbligazione di sicurezza, come emerge dalla pronuncia che segue: “
Il
datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito
all’osservanza delle norme antinfortunistiche solo se provi rigorosamente che,
in una impresa di grandi dimensioni, abbia delegato ad altra persona
tecnicamente qualificata l’incarico di seguire lo svolgimento del lavoro,
riservando per sé solo funzioni amministrative [Cass. IV, sent. n. 444 del 16.1.1990]
”.
Va
ricordata, come premessa, la definizione di datore di lavoro di cui all'art. 2
comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008, secondo la quale è “«
datore di lavoro»: il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che,
secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore
presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità
produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
L'art.
2 c. 1 lett. t) del D. Lgs. n. 81/2008 definisce l’unità produttiva come
“stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata
di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale”.
La Corte di Cassazione con
sentenza del 22 ottobre 2004 n. 45068 ha chiarito che un soggetto aziendale
possa assumere la veste di datore di lavoro purché:
“….
l’organismo da
lui diretto, pur restando un’emanazione della stessa impresa, abbia una sua
fisionomia distinta, presenti un proprio bilancio e possa deliberare, in
condizioni di relativa indipendenza, il riparto delle risorse disponibili,
operando così le scelte organizzative ritenute più confacenti alle proprie
caratteristiche funzionali e produttive…”
Inoltre «il datore
“giuslavoristico” va distinto da “uno o più datori di lavoro (sussistendo
distinte unità produttive) in senso prevenzionale”, dotati di “poteri
decisionali e di spesa” congrui “rispetto alle concrete esigenze prevenzionali”»
[Cass. pen. 3.02.2011 n. 4106].
In linea con gli orientamenti
della Corte di Cassazione, il Ministero del Lavoro ha emesso una circolare
nella quale ha chiarito che: “….
per unità
produttiva non deve intendersi ogni sede,
stabilimento, filiale, ufficio o reparto dell’impresa. Al contrario è
unità produttiva solo la più consistente e vasta entità aziendale che,
eventualmente articolata in organismi minori, anche non ubicati tutti nel
territorio del medesimo comune, si caratterizzi per condizioni imprenditoriali
di indipendenza tecnica e amministrativa tale che in essa si esaurisca per
intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale
dell’attività produttiva aziendale“. “…
Ne
consegue che deve escludersi la configurabilità di un’unità produttiva in
relazione alle articolazioni aziendali che, sebbene dotate di una certa
autonomia amministrativa, siano destinate a scopi interamente strumentali o a
funzioni ausiliare rispetto ai generali tipi di impresa sia rispetto ad una
frazione dell’attività produttiva della stessa…”
Se ai responsabili di unità
produttiva nell’ambito delle quali agiscono rilevanti fonti di rischio non sono
assegnati i necessari strumenti finanziari per agire, si viene di fatto a negare
la possibilità di qualificare detta unità organizzativa aziendale come unità
produttiva.
Occorre pur sempre ricordare, però, che
“pur a fronte
di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità
il datore di lavoro allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica e,
più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere
generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle
quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al
delegato alla sicurezza” (v., tra le altre, Cassazione Sez. 4, 6 febbraio
2007, Proc. gen. App. Messina ed altro in proc. Chirafisi ed altro, Cass. Pen., Sez. IV, 21.12.2011, n. 47507).
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
Fine della seconda parte dell’articolo.
Nella terza e ultima parte l’avvocato Dubini si soffermerà sulla
subdelega.
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