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"La formazione del RSPP e ASPP tra regole complicate e reale efficacia "
fonte www.prevenzionesicurezza.com / Formazione ed informazione
27/11/2014 -
Ospitiamo un contributo dell’avvocato Lorenzo Fantini che interviene
sul delicato tema della
formazione RSPP
e ASPP, a cui PuntoSicuro ha dedicato anche una recente
intervista a Donato Lombardi
, coordinatore del Gruppo di Lavoro che sta lavorando
alla revisione dell’Accordo del 26 gennaio 2006. Nella sua disamina Lorenzo
Fantini presenta
sei diverse questioni
interpretative in ordine alle modalità di svolgimento ed alla validità dei
corsi di formazione per RSPP e ASPP.
La formazione del RSPP “esterno” tra legge e prassi
Il decreto legislativo n. 81/2008
prevede – sempre in relazione alla necessità di garantire che chiunque operi in
azienda abbia usufruito di una
formazione
adeguata alle funzioni svolte nella organizzazione di lavoro – che il
responsabile (di seguito RSPP) e gli addetti al Servizio
di Prevenzione e Protezione (di seguito ASPP) siano in possesso di una
formazione particolarmente accurata, vista l’importanza delle relative
funzioni. Il corrispondente percorso formativo è disciplinato dall’articolo 32
del “testo unico”, il quale non si discosta, se non marginalmente, rispetto
alle previsioni introdotte dal decreto legislativo n. 195/2003 a seguito della
sentenza di condanna comminata dalla Corte di Giustizia UE all’Italia [1] per
non avere specificamente disciplinato i contenuti della formazione dei
componenti del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Innanzitutto, l’articolo 32 del
d.lgs. n. 81/2008, riproducendo la previsione già introdotta dall’articolo 8-
bis del decreto legislativo n. 626/1994,
specifica che le capacità e i requisiti professionali dei responsabili e degli
addetti ai servizi di
prevenzione e protezione, interni o esterni all’azienda, devono essere
“adeguati alla natura dei rischi presenti
sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”. Quindi,
l’articolo 32 individua puntualmente i requisiti dei quali i componenti del SPP
devono essere in possesso e, in particolare, i contenuti della formazione di
tali soggetti statuendo innanzitutto che tutti i RSPP e ASPP devono possedere,
per l’esercizio delle loro funzioni, un titolo di studio non inferiore al
diploma di scuola secondaria superiore e frequentare – con relativa verifica
dell’apprendimento –
specifici corsi
di formazione, adeguati alla natura dei rischi e alla attività lavorativa
svolta (articolo 32, comma 2, d.lgs. n. 81/2008). I contenuti e le procedure di
tali corsi sono stati individuati in un accordo
in Conferenza Permanente Stato-Regioni, datato 26 gennaio 2006 [2].
Il comma 4 dell’articolo 32 individua i soggetti
formatori
ex lege [3],
ai quali si possono affiancare i soggetti accreditati a livello regionale e gli
“ulteriori soggetti formatori (…)
individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”, mentre il
successivo comma 5 identifica quali lauree esonerino dalla frequenza dei corsi
di cui al comma 2, primo periodo, dell’articolo in commento [4].
Il richiamo al solo
“primo periodo” dell’articolo
2 induce a ritenere che l’esonero valga soltanto per i moduli “base” (A e B
come qualificati dall’Accordo in Conferenza Stato-Regioni [5]
e non anche per la frequenza del modulo C, ossia il modulo di
“specializzazione” per RSPP, della durata di 24 ore [6].
L’articolo 32, per gli ulteriori aspetti della formazione
di responsabili e addetti del servizio di prevenzione e protezione, opera un
ampio rinvio a quanto stabilito nel già citato Accordo adottato nella Conferenza Permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, del 26
gennaio 2006 e successive integrazioni e modificazioni stabilendo che i relativi
corsi di formazione devono
“in ogni caso”
(articolo 32, comma 2, ultimo capoverso) rispettare quanto previsto
nell’Accordo. Viene, poi, confermata la periodicità quinquennale dei
corsi di aggiornamento, già prevista nel decreto legislativo n. 195 del 2003, in ordine ai quali è
possibile anche utilizzare la modalità della formazione a distanza. La durata
dei corsi di aggiornamento è rapportata al macrosettore di attività per i RSPP,
mentre per gli addetti del servizio di prevenzione e protezione è pari a 28 ore
per tutti i macrosettori di attività (articolo 3 dell’Accordo Stato-Regioni del
26 gennaio 2006). Nel caso di esercizio delle funzioni di RSPP in macrosettori
appartenenti a ciascuno dei due raggruppamenti di macrosettori individuati
nelle linee interpretative, l’aggiornamento deve essere pari a 100 ore
complessive.
L’accordo di riferimento – del quale da anni si
attende invano una rivisitazione, che viene ormai data per imminente – ha una
struttura particolarmente complessa, di difficile lettura e che non pare, come
il trascorrere degli anni ha dimostrato, avere davvero risolto i problemi
relativi alla preparazione dei “professionisti” della salute e sicurezza sul
lavoro, ai quali viene chiesta la frequenza di un numero di ore elevatissimo di
formazione (rispetto alla quale nessuna reale verifica di efficacia è davvero
prevista), spesso in materie ripetitive tra loro. C’è da chiedersi, quindi, se
tale scelta di Stato e Regioni sia davvero stata corretta, soprattutto ove si
consideri la necessità che il RSPP sia soggetto davvero in grado di svolgere
con competenza le proprie funzioni, anche per non andare incontro a profili
di responsabilità civile e penale che, ultimamente, emergono sempre più di
frequente nelle aule di Giustizia.
A tale proposito va detto che
l’apparato sanzionatorio del d.lgs. n. 81/2008 non contempla il
responsabile del servizio (né, ovviamente, degli addetti) tra i destinatari
delle sanzioni penali. Ciò in quanto solo il datore di lavoro, i dirigenti
e i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, sono titolari di una
posizione di garanzia (articolo 299 del d.lgs. n. 81/2008) che impone l’obbligo
di agire per attuare i precetti contenuti nella normativa sulla sicurezza sotto
il profilo della programmazione, dell’esecuzione e della vigilanza sulla loro
corretta applicazione. Ne deriva che delle proprie attività il RSPP risponde civilmente nei
confronti del datore di lavoro e/o dei terzi danneggiati
unicamente quando
siano stata svolte in maniera errata o incompleta [7]
mentre, a livello penale, potrà
configurarsi una sua responsabilità solo ove la condotta imprudente, negligente
o imperita del responsabile abbia provocato, eventualmente in concorso con
altri, eventi dai quali dipenda l’esistenza di reati (articoli 43 e 113
c.p.). Dunque, la responsabilità penale del medesimo può derivare da fatto
doloso o colposo che integri il concorso di colpa nel reato proprio del datore
di lavoro o del dirigente, soggetti obbligati
ex lege. In ordine alla ampiezza della responsabilità penale del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione va però segnalato un
orientamento giurisprudenziale – in via
di diffusione – per il quale, quasi a mettere in discussione il ruolo
eminentemente ausiliario e del servizio di prevenzione e protezione –
si configurerebbe la responsabilità penale
del responsabile o degli addetti al servizio medesimo in ogni caso in cui
risulti in concreto che la causa dell’infortunio sia da identificare nel
comportamento colposo del responsabile o degli addetti del servizio che abbia
portato il datore di lavoro ad omettere o predisporre in modo inadeguato le
cautele antinfortunistiche [8]. In altre parole, la giurisprudenza considera assolutamente essenziale
che il RSPP sia in grado di svolgere le proprie funzioni (quelle specificamente
descritte all’articolo 33 del d.lgs. n. 81/2008) in modo adeguato, quale
professionista, senza indurre l’organizzazione del lavoro per la quale svolge
le proprie funzioni in errore; errore il quale potrebbe determinare, in tutto o
in parte, l’infortunio o concorrere a concretizzare le condizioni per
l’insorgere di una malattia professionale.
Sei questioni interpretative
A fronte di un simile quadro giurisprudenziale –
evidentemente diretto a privilegiare l’aspetto sostanziale (le competenze
esercitate in concreto) rispetto a quello meramente formale, continuano ad
essere discusse questioni legate, invece, a profili formali relativi alla
interpretazione dell’accordo sulla formazione di RSPP
e ASPP. Ciò anche in ragione della differenza –
troppo frequente e marcata – degli orientamenti degli organi di vigilanza in
ordine alla interpretazione della normativa applicabile.
Al fine di evidenziare che tipo di discussione sia
frequente in materia riporterò di seguito
sei
domande – alle quali fornirò altrettante proposte di risposta – che mi sono
state recentemente poste in ordine alle modalità di svolgimento ed alla
validità dei corsi di formazione per RSPP e ASPP.
Domanda 1: L’ Accordo nell’allegato A2 (pag 16-17) e nei prospetti
1 e 2 elenca i contenuti previsti per i corsi. Per più moduli alcuni contenuti
sono gli stessi poiché i rischi su cui occorre formare il RSPP sono i medesimi.
Tanto premesso,
se un rischio è comune a
più moduli B la lezione che affronta questo argomento può essere seguita da
tutti gli iscritti ai moduli B in cui essa è prevista secondo i programmi
conformi all’accordo?
Risposta 1: va premesso, come principio generale, che quando un
corso di formazione ha contenuto equivalente o superiore ad altro corso di
formazione esso genera un credito formativo che può essere fatto valere dal
soggetto interessato, a condizione che abbia la documentazione che almeno tale
equivalenza dimostri. Si consideri, al riguardo, che il c.d. “ decreto
del fare” ha specificamente espresso tale
principio – non solo di buonsenso ma anche rilevante giuridicamente in termini
generali – riferendolo ai corsi di formazione e ai percorsi di aggiornamento
per dirigenti, preposti, lavoratori e RLS, inserendo all’articolo 37 il comma
14-bis che, appunto, esplicita tale principio.
Di conseguenza, se il rischio da trattare è il medesimo,
se il numero di ore è quello di cui all’accordo, se i programmi sono coerenti
con quelli dell’accordo, è possibile che il formatore nella stessa aula eroghi
una lezione utile per tutti i moduli nei quali quella lezione è contemplata.
Domanda 2:
se un RSPP si
iscrive a 2 o più moduli B e svolge la lezione inerente un rischio che è
presente in tutti i programmi dei moduli a cui è iscritto la fruizione di
quella lezione gli può valere per ciascun modulo a cui è
iscritto seguendola una sola volta? Oppure deve seguirla tante volte
quanti sono i moduli a cui è iscritto?
Risposta 2: fermo restando che la prova di aver seguito la lezione
che “si ripete” nei diversi percorsi formativi deve essere fornita per ciascun
modulo (vale a dire, deve risultare dai relativi registri), per le ragioni già
esposte in relazione alla risposta n. 1, non si vede la ragione per avallare
una ripetizione di attività formativa di contenuto analogo. Ad esempio, se mi
iscrivo nella stessa edizione sia al B6 che al B8, la lezione sul rischio
incendio presente in entrambe, fruita una sola volta, varrà per entrambi i
moduli.
Domanda 3:
è possibile che
un argomento già svolto in una edizione precedente di un corso per RSPP/ASPP
valga come credito formativo per una edizione successiva?
Risposta 3: per le ragioni già esposte, è possibile. Riprendendo
l’esempio già fatto, se un discente a Maggio segue un modulo B6 e a Settembre
si iscrive ad un modulo B8 che nel suo programma affronta 4 ore sul rischio
incendio già seguito nel B6 a Maggio, potrebbe essere esentato dal frequentare
le ore già svolte con profitto. Tale conclusione, del tutto normale nei
percorsi universitari (nei quali, infatti, si fa largo uso dei crediti
formativi), va comunque condivisa con il soggetto organizzatore del corso e si
giustifica, come già esposto, unicamente in presenza di evidenza documentale
inoppugnabile nel senso della frequenza con profitto del corso che costituisce
credito formativo.
Domanda 4:
è possibile che
il RSPP svolga una lezione che è compresa nel monte ore del corso RSPP e che
tale lezione possa essere considerata ai fini dell’aggiornamento come RSPP?
Ad esempio, un professionista ha svolto il corso RSPP Modulo B6 quattro anni fa
e sta completando le 40 ore di aggiornamento quinquennale previste per legge;
egli, per necessità professionali, segue un corso di 4 ore sulla valutazione
del rischio incendio. Visto che questa lezione
è prevista dal modulo B6 già fruito quattro anni fa è possibile che il
professionista si veda riconosciuto – per la parte corrispondente – un credito
formativo?
Risposta 4: il punto 3 dell’accordo del 26 gennaio 2006 sulla
formazione del RSPP e dell’ASPP prevede espressamente che:
“i corsi di aggiornamento (…) dovranno comunque far riferimento ai
contenuti dei moduli del rispettivo percorso formativo, con particolare
riguardo: a) al settore produttivo di riferimento; b) alle novità normative
eventualmente intervenute in materia; c) alle innovazioni nel campo delle
misure di prevenzione”. Tale lettera depone a favore della possibilità di
“ripetere” argomenti già trattati nel corso di formazione, a condizione che
tale ripetizione giunga all’estremo di escludere del tutto il perseguimento
degli obiettivi prioritari (ma non esclusivi) indicati nelle lettere da a) a
c), appena riportate. Quindi, una parte dei crediti formativi acquisiti come
nell’esempio possono, a mio parere, essere riconosciuti.
Domanda 5:
in considerazione della circostanza che il RSPP
ha un obbligo di aggiornamento quinquennale dal momento del conseguimento del
modulo B, un professionista può scegliere di ripetere la frequenza del modulo B
di riferimento senza provvedere all’aggiornamento? Ad esempio, il
professionista svolge il modulo B6 che ha
una durata di 24 ore e prevede un aggiornamento di 40 ore; all’approssimarsi
della scadenza del quinquennio egli decide di frequentare nuovamente il modulo
B6. In tal caso tale scelta equivale all’aggiornamento?
Risposta 5: l’obbligo di aggiornamento è chiaramente distinto (v.
la previsione sopra riportata alla risposta n. 4) nell’accordo del 2006 da
quello di formazione, per cui non è da ritenersi consentito al professionista
di “scegliere” indistintamente di frequentare il corso nuovamente invece che
procedere all’aggiornamento. Tale conclusione si impone anche in considerazione
della circostanza che l’aggiornamento non riguarda il solo percorso “coperto”
dal modulo B ma l’intera gamma di materie che compongono la formazione del RSPP
e dell’ASPP.
Domanda 6:
nell’ipotesi
in cui un RSPP che è già in possesso di alcuni moduli B ed ha esigenza di
svolgere la formazione per un ulteriore macrosettore Ateco, la fruizione di
tale modulo può valere come aggiornamento in tutto o in parte per gli altri
macrosettori già in suo possesso ? Ad esempio, un professionista in
possesso del modulo B7 ha necessità di svolgere il percorso formativo B4. In
tale circostanza al discente non interessa fruire in termini di credito
formativo delle lezioni comuni tra B4 e B7 già svolte nel B4 (risposta al
quesito 3), ma svolgere l’intero percorso e vedersi riconosciuti come credito
formativo d'aggiornamento RSPP per il modulo B7 le lezioni che all’interno del
modulo B4 possono costituire materia d’aggiornamento per il macrosettore Ateco
7. In questa circostanza il professionista perfezionerà una iscrizione al
modulo B4 ed una seconda iscrizione all’aggiornamento R.S.P.P. per il numero di
ore del percorso che costituiscono credito formativo per l’Ateco 7. Al momento
della fruizione entrambi i percorsi avranno il proprio fascicolo corso
completo.
Risposta 6: per le stesse ragioni già esposte in precedenza, per
quanto del punto di vista sostanziale possa accadere che tra le materie dei
corsi e quelle dell’aggiornamento vi possa essere corrispondenza, il dato
normativo di riferimento (vale a dire il pertinente accordo del 2006, più volte
citato) non consente che un credito formativo per i corsi possa essere fatto
valere per l’aggiornamento e viceversa.
Come appare evidente, le
questioni qui discusse e le relative risposte (si consideri, ad esempio,
l’ultima appena fornita, basata su un elemento meramente formale), hanno la
loro ragione d’essere in un contesto di regolamentazione sin troppo puntuale e,
ciò nonostante, comunque suscettibile di porre dubbi interpretativi notevoli. A
ciò si aggiunga che gli organi di vigilanza troppo spesso nella pratica hanno “visioni”
differenti sulla medesima questione, per cui non è consentito all’interprete
neppure fare affidamento in materia su un orientamento condiviso degli
ispettori.
C’è, quindi, da auspicare una reale semplificazione della disciplina
esistente, che si muova nel senso della valorizzazione degli aspetti
sostanziali della preparazione di RSPP e ASPP, in quanto gli unici davvero
utili a fini di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Avv. Lorenzo Fantini
Lorenzo Fantini
([1])
Corte di Giustizia UE, 15 novembre 2001, in causa C-49/00. Il decreto legislativo
n. 626/1994, infatti,
nel qualificare le attitudini e le capacità dei Responsabili del Servizio di
Prevenzione e Protezione (si seguito anche RSPP) e degli addetti al servizio di
prevenzione e protezione (di seguito anche ASPP), si limitava a prevedere che
capacità e requisiti fossero semplicemente
“adeguati”.
([3]) In particolare si confermano le abilitazioni di:
Regioni e Province autonome, Università, INAIL, ISPESL, Corpo nazionale dei
Vigili del fuoco, amministrazione della difesa, Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione e altre Scuole Superiori delle singole amministrazioni,
associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, organismi
paritetici. Viene altresì abilitato allo svolgimento dei corsi di formazione
l’IPSEMA, dopo il d.l. n. 78/2010 “accorpato” (come anche l’ISPESL) all’INAIL,
per la parte di sua competenza.
([4]) Il decreto legislativo n. 106/2009 ha inciso in modo
particolare nella parte in cui ha previsto l’esonero dalla frequenza dei corsi
di formazione di cui al comma 2, prima parte, anche di coloro che sono in
possesso della laurea magistrale L26. È stato, inoltre, aggiunto anche un
“generale” rinvio alle altre lauree ritenute corrispondenti ai sensi della
normativa vigente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale.
([8]) Così, tra le tante, Cass. pen.,
Sez. IV, 17 dicembre 2012, n. 49031; Cass. pen., Sez. IV, 27 Settembre 2012, n. 37334; Id., 15
maggio 2008, n. 19523; Cass. pen., sez. IV, 26 ottobre 2007, in Amb. Sic. Lav.,
2008, 2, 129; Cass. pen., 17 luglio 2007, n. 15226; Cass. pen., sez. IV, 21
dicembre 2006, n. 41947.
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