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"Sulla posizione di garanzia di fatto assunta dal lavoratore"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
07/01/2015 -
Commento
E dopo il datore di lavoro di fatto ed il preposto di fatto ecco individuata anche nel lavoratore in questa sentenza della Corte di Cassazione una
posizione di garanzia di fatto.
Nella sentenza emessa in merito ad un infortunio occorso a due
lavoratori dei quali uno esperto e l’altro appena assunto, infortunio
occorso per il comportamento del lavoratore più anziano, la suprema
Corte ha richiamate le disposizioni di cui all’art. 20 del D. Lgs. n.
81/2008 e s.m.i. che fissa degli obblighi a carico del lavoratore il
quale è sì considerato creditore di sicurezza nei confronti del datore
di lavoro ma può anche diventare suo
compartecipe nell’applicazione del dovere di fare sicurezza oltre che per se stesso
anche nei confronti dei propri compagni di lavoro o di altre persone presenti nel luogo di lavoro,
quando si trovi nella condizione, in ragione di una posizione di
maggiore esperienza lavorativa, di intervenire onde rimuovere le
possibili cause di un infortunio sul lavoro.
Il caso e il
ricorso in Cassazione
Il datore di lavoro di una società e un dipendente della società
stessa hanno
ricorso in cassazione
avverso una sentenza della Corte d’Appello che, in parziale riforma della
sentenza di condanna emessa dal Tribunale locale nei loro confronti, in ordine
al delitto di cui all'art. 590 c.p., comma 2 con violazione delle leggi
antinfortunistiche, ha diminuito la pena ad entrambi gli imputati riconosciute
al datore di lavoro le circostanze attenuanti generiche in regime di
equivalenza. Era successo che il lavoratore dipendente, elettricista
specializzato, si trovava con un altro lavoratore, dipendente della stessa
società, al di sopra di un trabattello semovente con struttura a pantografo, ad
un'altezza di sette metri nel capannone della ditta appaltante, entrambi intenti
nella posa di canaline e di blindo sbarre nonché nella stesura
di cavi elettrici allorquando, ad un certo punto, nel mentre il trabattello
veniva spostato, lo stesso si è rovesciato nell'urtare un'asperità del suolo
facendo precipitare i due operai che hanno riportato entrambi lesioni gravi.
Secondo quanto emerso dalle indagini, l'infortunio si era verificato
a causa della movimentazione del mezzo, effettuata senza prima procedere ad
abbassare la struttura aerea. Tale manovra, che, in condizioni normali, sarebbe
stata interdetta dal sistema di sicurezza di fine corsa di cui era dotato il
trabattello, era stata resa possibile il giorno dell’accaduto a causa
dell'inefficienza del dispositivo antinfortunistico che è risultato essere
stato manomesso e quindi inidoneo allo scopo. La posizione da cui era stata
eseguita la manovra di spostamento, inoltre e cioè dall'alto della piattaforma
in elevazione non aveva verosimilmente permesso al manovratore di avere
un'adeguata visione del suolo, sicché la ruota anteriore sterzante destra del
mezzo semovente era andata a sormontare delle griglie appoggiate a terra per
coprire un canale di scarico e la ruota era verosimilmente finita sul ciglio di
una delle griglie subendo uno slittamento laterale, con conseguente sbilanciamento
del trabattello il quale, inclinatosi sul fianco, era rovinato sul pavimento,
facendo precipitare i due lavoratori che, a causa della caduta, avevano
riportato entrambi delle lesioni personali.
L'istruttoria dibattimentale ha consentito di accertare alcuni dati
di fatto, pacifici e non contestati dalle difese, ed in particolare che, al
momento dell'infortunio, è risultato disattivato il dispositivo di
sicurezza destinato a impedire, con il cestello in posizione elevata, la
traslazione (e lo sterzo delle ruote anteriori) della piattaforma semovente e
che tale disattivazione è derivata da una vera e propria manomissione,
bypassante il dispositivo di fine corsa, sì da renderlo inidoneo allo scopo. E’
risultato, altresì, che il mezzo era stato movimentato con la piattaforma in
posizione elevata, manovra pericolosa sia per l'instabilità della macchina (non
congegnata per potersi muovere con la struttura aerea in elevazione, sia per
l'impossibilità di avere, pilotando dall'alto, una perfetta visuale della zona
di transito.
I profili di colpa evidenziati dal Tribunale avevano riguardato,
quanto alla posizione del datore di lavoro di avere consentito, in violazione
dell’art. 35, comma 4, lett. b) del D. Lgs. n. 626/1994, l'uso del trabattello,
pur essendo a conoscenza della manomissione del dispositivo
di sicurezza su menzionato, ed inoltre per non averlo ripristinato e per
non avere adeguatamente informato i dipendenti circa l'uso del mezzo in
questione. Quanto alla posizione del lavoratore anziano invece in quanto, in
violazione dell’art. 5, comma 1 e comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 626/1994,
pur essendo a conoscenza del non funzionamento del sistema di sicurezza che
impediva al trabattello di essere spostato con il pantografo tutto alzato,
procedeva al movimento dello stesso con il cestello alzato che per un ostacolo
al suolo si abbatteva provocando, in tal modo in cooperazione con il datore di
lavoro, le lesioni dell’altro lavoratore.
Il datore di lavoro come motivazione della sua difesa ha sostenuto
non sussistente la violazione contestatagli in quanto lo stesso, avvedutosi
della mancanza del citato sistema di sicurezza, aveva fatto ripristinare il
dispositivo prima dei fatti per cui, di conseguenza, quanto accaduto era da
addebitare ad una nuova ed inopinata manomissione del dispositivo di sicurezza
attuata dai dipendenti. Il lavoratore invece, come principale motivazione, ha
denunciata una violazione di legge con riferimento alla interpretazione
dell’'art. 5 del D. Lgs. n. 626/1994 che disciplina la figura del lavoratore
quale compartecipe nell'applicazione del dovere di "fare sicurezza"
in quanto egli contravviene a tale dovere solo allorquando pone in essere un
comportamento abnorme nel senso di arbitrario e di estraneo alle finalità
produttive, nella scia della interpretazione già data in tal senso dalla
suprema Corte di Cassazione.
Le
decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato
inammissibile il ricorso del datore di
lavoro ed ha rigettato quello del lavoratore confermando la sua condanna.
Con riferimento alla posizione del datore di lavoro la Sez. IV ha ricordato che
a carico dello stesso, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del
1955 (artt. 391 e 392) e di quella generale in materia di sicurezza aziendale
(art. 4 del D. Lgs. n. 626 del 1994) ed anche in riferimento alla norma
cosiddetta di "di chiusura del sistema" ex art. 2087 c.c., sussiste
un obbligo di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza e che, in
altre parole, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica
dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi
agli obblighi di tutela, l'evento lesivo gli viene correttamente imputato in
forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2.
Per quanto riguarda la
posizione del lavoratore anziano invece
la suprema Corte ha evidenziato che il ricorrente, con le censure mosse alla
sentenza, ha contestata la sua posizione
di garanzia che, invece, come già delineato dalla sentenza impugnata, ha
trovato il suo fondamento nell'assunzione di fatto di un ruolo di tutela nei
confronti di altri soggetti in posizione subordinata. “
La fonte dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, menzionato nel
capoverso dell'art. 40 c.p.”, ha sostenuto la Sez. IV, “
può consistere anche nella ‘posizione di
garanzia’ assunta di fatto nei confronti di altra persona che implica l'obbligo
giuridico di comportarsi allo stesso modo di come sarebbe stato obbligato a
comportarsi il soggetto tenuto dall'ordinamento, a tali funzioni di garanzia”.
“
La fonte di tale assunzione, per altro”,
ha così proseguito la Corte di Cassazione, “
nel
campo specifico della sicurezza sul lavoro, si rinviene, come correttamente
contestato, nella disposizione di cui al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, comma
1 e comma 2, lett. b) che ha introdotto un nuovo principio: la
trasformazione del lavoratore da semplice
creditore di sicurezza nei confronti del datore di lavoro a suo compartecipe
nell'applicazione del dovere di fare sicurezza, nel senso che il lavoratore
diventa garante, oltre che della propria sicurezza, anche di quella dei propri
compagni di lavoro o di altre persone presenti, quando si trovi nella
condizione, in ragione di una posizione di maggiore esperienza lavorativa, di
intervenire onde rimuovere le possibili cause di infortuni sul lavoro”.
La Corte suprema ha ritenuto, altresì,
indubitabile che nel caso in esame il lavoratore imputato, quale elettricista
specializzato e con una lunga esperienza lavorativa, si è trovato rispetto
all’altro lavoratore, assunto da poco e certamente inesperto nelle condizioni
di rendersi conto della pericolosità dell'uso non consentito della piattaforma
mobile, e ciò nonostante l'ha volontariamente utilizzata mettendo a repentaglio
non solo la propria incolumità ma anche quella del suo compagno di lavoro. Ha
ritenuto inoltre irrilevante la Sez. IV accertare chi fosse stato in concreto a
manovrare nel momento dell'infortunio la piattaforma, in quanto anche se fosse
stato il giovane lavoratore l’elettricista anziano ed esperto in forza della
sua posizione aveva il dovere di impedirglielo e fare in modo che la
piattaforma venisse utilizzata correttamente. “
Né poteva esimersi da tale colpa”, ha così concluso la Corte
suprema, “
adducendo di dover dare conto
delle direttive impartite dal datore di lavoro, improntate alla logica
dell'evitare di perdere tempo, in quanto, stante la sua consapevolezza
dell'utilizzo pericoloso del mezzo aveva il dovere di non avallare il
comportamento illegale impostogli dal datore di lavoro”.
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