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"Gli ecoreati saranno puniti con sanzioni più pesanti"
fonte www.edilportale.com / Normativa
09/03/2015 - Diventano più pesanti le pene per i reati ambientali e resta fermo il
principio comunitario di “chi inquina paga”. Le novità con
l’inasprimento delle sanzioni sono contenute nel
ddl
sui reati ambientali approvato nei giorni scorsi dal Senato, che ha
introdotto nuovi illeciti nel Codice Penale, come l’inquinamento
ambientale, il disastro ambientale, il traffico e l’abbandono di
materiali radioattivi.
Danno ambientale
È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10 mila a 100 mila euro chi provoca
una compromissione o un deterioramento rilevante dello stato del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell’aria, dell’ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna sel-vatica.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, o in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
Disastro ambientale
Chi cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Il
disastro ambientale consiste nell’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o in una alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali. Anche in questo caso, la pena aumenta se l’inquinamento riguarda un’area protetta.
Se i reati sono colposi, cioè se non vengono commessi volontariamente, le pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività
È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10 mila a 50 mila euro chi cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività. La pena è aumentata se da queste attività deriva il pericolo di compromissione o deterioramento del suolo o dell’ecosistema.
Chi intralcia i controlli è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
In caso di condanna è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto del reato o che sono servite a commetterlo.
È inoltre previsto il ravvedimento operoso, cioè uno sconto della metà o di due terzi della pena per chi evita ulteriori danni collaborando con la Giustizia o provvedendo alla bonifica e allo stato dei luoghi.
Legambiente ha espresso soddisfazione per l’approvazione del testo e ha chiesto alla Camera, che dovrà esaminarlo nei prossimi giorni, di non cambiare “ neanche una virgola”. L’associazione ambientalista si riferisce al tentativo di introdurre la non punibilità dei reati colposi in caso di bonifica, chiesta e ottenuta da Confindustria in Commissione, ma poi eliminata. Per garantire il mantenimento delle misure approvate, Legambiente ha quindi annunciato che, dopo aver presidiato il Senato, si trasferirà alla Camera per seguire lo svolgimento dei lavori.
Negli stessi giorni la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza C-534/13 , ha confermato inoltre il principio di “chi inquina paga”, contenuto nella Direttiva 2004/35/CE recepita in Italia dal D.lgs 152/2006 (Codice Ambiente). In base a questa regola, il proprietario di un suolo inquinato deve farsi carico degli interventi di bonifica solo se è responsabile del danno. In caso contrario, cioè se la contaminazione è stata causata da un terzo, deve solo contribuire alle spese di bonifica per un importo che non può superare il valore del terreno.
La Corte si è pronunciata su una controversia sorta tra il Ministero dell’Ambiente e il nuovo proprietario di un terreno. Gli interventi di bonifica effettuati prima della vendita dal vecchio proprietario non erano risultati sufficienti e il Ministero aveva quindi previsto che il nuovo proprietario predisponesse altri interventi. I giudici hanno invece affermato che sul nuovo proprietario non grava né questo obbligo né quello di sostenere costi superiori al valore del terreno.
Danno ambientale
È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10 mila a 100 mila euro chi provoca
una compromissione o un deterioramento rilevante dello stato del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell’aria, dell’ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna sel-vatica.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, o in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
Disastro ambientale
Chi cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Il
disastro ambientale consiste nell’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema o in una alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali. Anche in questo caso, la pena aumenta se l’inquinamento riguarda un’area protetta.
Se i reati sono colposi, cioè se non vengono commessi volontariamente, le pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività
È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10 mila a 50 mila euro chi cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività. La pena è aumentata se da queste attività deriva il pericolo di compromissione o deterioramento del suolo o dell’ecosistema.
Chi intralcia i controlli è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
In caso di condanna è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto del reato o che sono servite a commetterlo.
È inoltre previsto il ravvedimento operoso, cioè uno sconto della metà o di due terzi della pena per chi evita ulteriori danni collaborando con la Giustizia o provvedendo alla bonifica e allo stato dei luoghi.
Legambiente ha espresso soddisfazione per l’approvazione del testo e ha chiesto alla Camera, che dovrà esaminarlo nei prossimi giorni, di non cambiare “ neanche una virgola”. L’associazione ambientalista si riferisce al tentativo di introdurre la non punibilità dei reati colposi in caso di bonifica, chiesta e ottenuta da Confindustria in Commissione, ma poi eliminata. Per garantire il mantenimento delle misure approvate, Legambiente ha quindi annunciato che, dopo aver presidiato il Senato, si trasferirà alla Camera per seguire lo svolgimento dei lavori.
Negli stessi giorni la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza C-534/13 , ha confermato inoltre il principio di “chi inquina paga”, contenuto nella Direttiva 2004/35/CE recepita in Italia dal D.lgs 152/2006 (Codice Ambiente). In base a questa regola, il proprietario di un suolo inquinato deve farsi carico degli interventi di bonifica solo se è responsabile del danno. In caso contrario, cioè se la contaminazione è stata causata da un terzo, deve solo contribuire alle spese di bonifica per un importo che non può superare il valore del terreno.
La Corte si è pronunciata su una controversia sorta tra il Ministero dell’Ambiente e il nuovo proprietario di un terreno. Gli interventi di bonifica effettuati prima della vendita dal vecchio proprietario non erano risultati sufficienti e il Ministero aveva quindi previsto che il nuovo proprietario predisponesse altri interventi. I giudici hanno invece affermato che sul nuovo proprietario non grava né questo obbligo né quello di sostenere costi superiori al valore del terreno.
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