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"Prevenzione incendi: metodologia prescrittiva o prestazionale?"

fonte www.puntosicuro.it / Rischio incendio

14/05/2015 - Il futuro  Testo Unico Prevenzione Incendi, un documento che ha la funzione di snellire il corpus normativo attraverso un processo di rinnovamento e semplificazione in materia, è in continua evoluzione. Si succedono le versioni del testo e anche la  bozza da noi pubblicata - presentata ufficialmente nell’aprile 2014 con una conferenza stampa – ha avuto nei mesi successivi alla presentazione diverse modifiche.
Di questa prima versione rimangono tuttavia sicuramente validi i principi ispiratori, indicati chiaramente già nella bozza dell’anno passato, e il tentativo di superare il diffuso  approccio prescrittivo della normativa, incrementando invece l’ approccio prestazionale.
Ma cosa significano realmente questi due approcci/metodologie, spesso citati nei commenti al futuro  Testo Unico? In cosa consiste la differenza?

Per rispondere possiamo fare riferimento ad un documento Inail dal titolo “ SICUREZZA ANTINCENDIO. Valutazione del rischio incendio” che, in attesa dei decreti attuativi indicati dal D.Lgs. 81/2008, si occupa degli aspetti più progettuali dell’ingegneria antincendio: valutazione del rischio d’incendio, modulistica di prevenzione incendi, approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio.
 
Il documento ricorda, infatti, che la prevenzione incendi può essere approcciata secondo due metodologie sostanzialmente differenti.
 
Il primo è l’ approccio ordinario, di tipo prescrittivo, un approccio “largamente diffuso in Italia, che si concretizza nell'applicazione di regole tecniche in cui sono riportate le misure da adottare ai fine di ottenere la sicurezza antincendio e nel ricorso a strumenti di calcolo molto semplici (ad esempio, gli Eurocodici per il calcolo analitico della classe REI delle strutture, le curve standard d'incendio, ecc.). Le norme e le regole tecniche impongono, in definitiva, di realizzare il livello minimo di sicurezza fissato attraverso misure specificatamente prescrittive”.
 
Quali sono i pregi e i difetti del metodo prescrittivo?
Il vantaggio più evidente risiede “nella sua estrema semplicità, nella garanzia di una sufficiente omogeneità di applicazione, nel riscontro di accettabili criteri di uniformità da parte dei controllori”.
Invece il limite maggiore consiste “nella rigidità delle prescrizioni normative e delle procedure di calcolo”. In particolare l'approccio ordinario alla sicurezza antincendio “suddivide le misure di sicurezza in due gruppi, legati ai due principali obiettivi dell'attività di prevenzione:
- le misure destinate a limitare le probabilità che un evento incidentale si manifesti;
- le misure destinate a limitare i danni nei casi in cui un incendio accada”.
Per determinare le misure di sicurezza più idonee si possono utilizzare i criteri di valutazione del rischio d'incendio (codificati nel Decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998) oppure, quando sono disponibili delle norme, “attuare le misure previste nelle singole disposizioni (adottate con decreto del Ministero dell'Interno) che sono redatte secondo uno schema che espone i requisiti dei diversi componenti edilizi, impiantistici e gestionali necessari per assicurare il livello di sicurezza richiesto dalla collettività”.
 
Veniamo invece all' approccio ingegneristico, al metodo prestazionale.
 
In materia di prevenzione incendi è possibile seguire in alternativa un approccio di tipo ingegneristico ( Fire Safety Engineering, FSE) che “si basa sulla predizione della dinamica evolutiva dell'incendio tramite l'applicazione di idonei modelli di calcolo. Quest'approccio, di tipo prestazionale, permette di studiare le conseguenze degli incendi negli edifici e di valutare, prima di realizzare l'opera, l'effetto sulle persone e sulle cose degli incendi presi a riferimento”.
 
Quali sono i pregi e i difetti del metodo prestazionale?
Il principale vantaggio di questa metodologia è “rappresentato dall'estrema flessibilità, che permette la simulazione d'incendi di complessità anche elevata, previa valutazione di alcuni dati di input (geometria del dominio di calcolo, tipo e quantità dei combustibile, condizioni di ventilazione, curva HRR: Heat Release Rate/tempo, ecc.), da assegnare con dettaglio variabile e secondo la tipologia del modello”.
I limiti di tale approccio, diffuso specialmente nei paesi anglosassoni, “risiedono nella problematica validazione sperimentale dei modelli utilizzati, considerata la natura distruttiva delle prove che andrebbero condotte, nell'approfondita preparazione richiesta ai professionisti ed, ancor più, ai controllori (considerato il proliferare negli anni di modelli anche molto diversi tra loro), nella necessità di dover congegnare un sistema di gestione della sicurezza mirato al mantenimento delle condizioni operative individuate nello scenario di progetto, ed infine, nel caso di modelli di campo più complessi, negli oneri di calcolo, spesso non indifferenti”.
 
Ad oggi in Italia il ricorso alla Fire Safety Engineering è “di fatto circoscritto alle applicazioni per le quali non esiste una specifica norma prescrittiva, su tutte la valutazione del rischio in attività a rischio d'incidente rilevante e la Fire Investigation” (una tipologia di analisi utilizzata a livello forense del fenomeno d'incendio, “al fine di poter caratterizzare cosa sia accaduto, con buona probabilità, nell'ambito di un determinato luogo in seguito a incidente o evento delittuoso); talvolta tale approccio è impiegato anche per la valutazione della sicurezza equivalente in occasione di richiesta di deroga a norme prescrittive”.
 
Il documento ricorda poi che con il Decreto Ministeriale del 9 Maggio 2007, concernente le " Direttive per l'Attuazione dell'Approccio Ingegneristico alla Sicurezza Antincendio”, il Ministro dell’Interno ha definito gli aspetti procedurali e i criteri da adottare per valutare il livello di rischio e progettare le conseguenti misure compensative, utilizzando, in alternativa a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 1998, l'approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Con particolare riferimento a “complessi produttivi e costruzioni civili di particolare pregio architettonico, destinati normalmente alla fruizione da parte del pubblico e aventi un layout complesso”.
Secondo l’articolo 2 del DM del 9 maggio 2007 la procedura ingegneristica è finalizzata alle due attività che nella prevenzione incendi richiedono aspetti di valutazione dei rischio e delle misure da attuare:
- “all'individuazione dei provvedimenti da adottare nell'ambito delle attività soggette alla disciplina di prevenzione incendi, nel caso di attività non regolate da specifiche disposizioni antincendio;
- all'individuazione delle misure di sicurezza che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo nell'ambito del procedimento di deroga”.
Dunque il provvedimento normativo stabilisce un “nuovo iter procedurale che si affianca, ma non sostituisce, quelli esistenti; in altre parole, i titolari delle attività avranno la facoltà di seguire i disposti del decreto, ma le previsioni in esso contenute non li obbligano a seguire l'approccio ingegneristico”.
 
Il documento dell’Inail conclude l’ analisi dei due approcci alla prevenzione incendi chiedendosi se oggi l'approccio di tipo ordinario debba considerarsi superato.
 
La risposta è negativa. Infatti “nella maggioranza dei casi, tale approccio rappresenta ancora la scelta migliore. Tuttavia, in alcune situazioni specifiche, le metodologie orientate alla garanzia della prestazione antincendio consentono un approfondimento dell'analisi del rischio d'incendio, ed una previsione utile ad evidenziare il grado di sicurezza antincendio dell'edificio, anche in relazione a possibili alternative di protezione, costituendo un valido strumento di supporto al progettista, che, nell'ambito del processo di progettazione, può verificare la risposta antincendio di differenti ipotesi progettuali”. E tali situazioni specifiche possono ad esempio ricondursi a “edifici esistenti pregevoli per arte e storia, ospedali e case di cura, edifici caratterizzati da una notevole altezza, da un layout complesso o ancora, da soluzioni tecnologiche particolari, altri edifici destinati all'impiego da parte di un elevato numero di persone (ad esempio stadi, auditorium, ecc.), costruzioni complesse (ad esempio tunnel, ecc.)”. Insomma il progettista deve avere una “visione globale del problema” e saper valutare “se, e quando, possa essere necessario adottare misure alternative o integrative di quelle previste dalle normative e dai codici prescrittivi”.
 
In definitiva le norme prescrittive rappresentano “un requisito necessario, ma non sempre sufficiente, al fine della garanzia del raggiungimento di un adeguato livello di sicurezza antincendio”. Con il DM 9 maggio 2007 sono fornite alcune linee guida “che il professionista esperto può adottare al fine di migliorare la propria strategia antincendio, risolvere le problematiche specifiche sopradescritte, verificare l'equivalenza tra misure di protezione (attive e passive), anche attraverso un migliore uso della simulazione quale strumento approfondito d'indagine dell'incendio. Ciò significa anche che quando, ad esempio, la normativa stessa non possa essere applicata tout court, a causa ad esempio di vincoli architettonici, è necessario comunque delineare un sistema di protezione con un livello di sicurezza equivalente (misurabile) a quello prescritto (o superiore)”.
 
 
INAIL, Settore Ricerca Dipartimento Tecnologie di Sicurezza “ SICUREZZA ANTINCENDIO. Valutazione del rischio incendio”, a cura di Raffaele Sabatino INAIL, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza con la collaborazione di Andrea Cordisco (INAIL, Dipartimento Installazioni di Produzione e Insediamenti Antropici) e Massimo Giuffrida INAIL, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza), edizione 2014 (formato PDF, 7.98 MB).
 
 
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RTM
 

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