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"Amianto e rifiuto di svolgere la prestazione "
fonte www.insic.it / Amianto
26/08/2015 -
Risponde Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle
assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro all'Univ. Teramo
Secondo l'Esperto
Sì; va premesso che la Cass. civ., 1 febbraio 2008 n. 2491 e Cass. civ., 14 gennaio 2005 n. 644 (ambedue in materia di cautele contro il rischio da amianto), stabiliscono che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudale, ma deve ritenersi volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore sù luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico.
E' poi acquisita la regola secondo la quale, nel caso in cui il datore di lavoro non adotti, a norma dell'art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e le condizioni di salute del prestatore di lavoro, rendendosi così inadempiente ad un obbligo contrattuale, questi, oltre al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute (cfr. Cass. civ., sez. lav. 18 maggio 2006 n. 11664, la quale afferma che è legittimo il comportamento del lavoratore che rifiuta la prestazione lavorativa a causa delle condizioni di insalubrità e pericolosità per la salute esistenti nel luogo di lavoro).
Per proporre il vostro quesito scrivere a amsl@epcperiodici.it.Il servizio è disponibile per utenti abbonati alla Rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro.
Secondo l'Esperto
Sì; va premesso che la Cass. civ., 1 febbraio 2008 n. 2491 e Cass. civ., 14 gennaio 2005 n. 644 (ambedue in materia di cautele contro il rischio da amianto), stabiliscono che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudale, ma deve ritenersi volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore sù luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico.
E' poi acquisita la regola secondo la quale, nel caso in cui il datore di lavoro non adotti, a norma dell'art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e le condizioni di salute del prestatore di lavoro, rendendosi così inadempiente ad un obbligo contrattuale, questi, oltre al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute (cfr. Cass. civ., sez. lav. 18 maggio 2006 n. 11664, la quale afferma che è legittimo il comportamento del lavoratore che rifiuta la prestazione lavorativa a causa delle condizioni di insalubrità e pericolosità per la salute esistenti nel luogo di lavoro).
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