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"«Alla Thyssen niente carenze gravi»"

fonte Il secolo xix. M.Barletta / Sicurezza sul lavoro

15/10/2009 - TORINO. Ad un certo punto il dirigente della Thyssenkrupp si è lasciato andare ad uno sfogo: «Ci hanno accusato di tutto e di più, ma secondo me senza ragione». Raffaele Salerno, responsabile («a 3.800 euro al mese» e ora in pensione) dello stabilimento di Torino della multinazionale dell'acciaio, stava rispondendo, in Corte cl' Assise, alle domande dei pm come imputato di omicidio colposo per la morte dei sette operai bruciati nel rogo del 6 dicembre 2007. E quella è stata solo la prima delle frasi che hanno tradito la sua carica di ribellione: un piglio, il suo, che nel corso dell'udienza ha generato dei battibecchi con i legali di parte civile. Il quadro aziendale dipinto da Salerno non assomiglia a quello dei pubblici ministeri: la filiale subalpina, nonostante fosse sul punto di chiudere i battenti, non era stata abbandonata a se stessa. La pm Francesca Traverso, he non nasconde la perplessità di fronte alle frasi del dirigente, gli contesta l'esito delle indagini dell'Asl (116 le violazioni trovate) e le fotografie che documentano «la sporcizia e la situazione critica», ma lui risponde così: «Non mi sembra che ci fossero carenze tanto gravi. Subivamo ispezioni continue, tutto quello che ci dicevano veniva girato agli organi competenti di Temi e quello che si doveva fare veniva fatto. lo non vedevo pericoli per le persone». Una versione che ricalca quella fornita lo scorso sei ottobre da Cosimo Cauferi, allora responsabile del servizio prevenzione e protezione dello stabilimento. Gli ispettori hanno controllato tutti gli impianti soltanto a ottobre, senza riscontrare alcun problema o malfunzionamento - aveva detto rispondendo a uno degli avvocati di parte civile -. E sicuramente al momento della tragedia la situazione non era cambiata. C'erano aree già smontate e potevano esserci cose non del tutto in ordine, ma dal punto di vista della sicurezza era esattamente la stessa situazione. Cose che non erano emerse a ottobre sono state rilevate dagli ispettori soltanto dopo che è accaduto l'incidente». Salerno ieri ha voluto leggere anche alcuni dati per rispondere a chi addebita l'accaduto anche all'eccessiva ricorso agli straordinari e quindi alla stanchezza dei lavoratori: «Nel marzo del 2007 gli operai erano 296, a novembre erano 166 ma c'erano meno impianti e quindi, in proporzione, i lavoratori erano in numero superiore. E se lo straordinario pro capite un tempo era di sei ore, nel settembre 2007 era di 3,2». Poi, ancora sfoghi. «lo rimproveravo gli, operai che pulivano gli impianti? E una delle barzellette che ho sentito in quest'aula». L'avvocato di parte civile Sergio Bonetto lo provoca: «116 dicembre 2007 c'è stato un incendio, si ricorda?». E lui ribatte: «Mi sento una vittima anch'io». «Quando chiude uno stabilimento - ha detto - chiude una parte della tua vita. lo potevo andare in pensione ma ho preferito rimanere a gestire una situazione che sapevo sarebbe diventata difficile, con un clima deteriorato. Con chi potevano prendersela i lavoratori di quello che stava succedendo -ha infine osservato - se non con chi, come me, vedevano tutti i giorni? Ma io facevo affidamento su un rapporto di lunga durata e speravo di essere utile a rendere meno traumatiche le cose».Ma il pubblico mormora, mentre Antonio Boccuzzi, il lavoratore scampato al rogo che ora è deputato Pd, scuote la testa: «Salerno ha detto che io avevo la qualifica di operaio leader? Guarda un po', lo scopro oggi». Gli altri quattro imputati verranno interrogati nelle udienze successive, e la Corte ha stabilito che i due tedeschi (uno è l'amministratore delegato Harald Espenhahn) non saranno affiancati da un interprete. La questione della lingua ha un certo peso, perché i difensori sostengono che la mancata traduzione degli atti sarà causa di nullità. I giudici invece dicono che è tutto in regola: gli imputati conoscono l'italiano quanto basta.

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