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"Sulla responsabilità del direttore dei lavori"

fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro

26/09/2011 -  
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 24119 del 16 giugno 2011 (u. p. 11 marzo 2011) -  Pres. Marzano – Est. Montagni– P.M. Geraci - Ric. M. C.  

Viene ribadito in questa sentenza della Corte di Cassazione quanto già la stessa Corte suprema ha avuto modo di sostenere in precedenti sue espressioni e cioè che i destinatari delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti e che il direttore dei lavori, per conto del committente, è tenuto alla vigilanza sulla esecuzione fedele del capitolato d’appalto e non può essere chiamato a rispondere dell’osservanza di norme antinfortunistiche salvo che non risulti accertata una sua ingerenza nella organizzazione del cantiere. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, l’attribuzione degli obblighi di prevenzione degli infortuni al direttore dei lavori, intesa come estensione dei suoi compiti, deve essere rigorosamente provata attraverso l’individuazione di comportamenti che possono testimoniare, in modo inequivoco, la sua ingerenza nella organizzazione del cantiere.
 
Il Caso ed il ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha condannato il direttore dei lavori di un cantiere edile in ordine al delitto di omicidio colposo in danno di un dipendente della ditta che operava nel cantiere stesso vittima di un infortunio mortale individuando per lo stesso una sua penale responsabilità. La Corte di Appello ha successivamente  riformata in parte la sentenza del Tribunale riducendo la pena inflitta all’imputato ed individuando il concorso di colpa della vittima nella produzione dell'evento nella misura del 50%. L’infortunio del lavoratore era accaduto in quanto lo stesso, nel tentativo di riparare la spina terminale di una prolunga, aveva toccato un conduttore in tensione ed era rimasto folgorato a causa della corrente elettrica che aveva attraverso il suo corpo.
 
Avverso la sentenza della Corte di Appello il direttore dei lavori ha proposto ricorso per cassazione  contestando la sentenza stessa nella parte in cui veniva affermata la sua ingerenza nell'organizzazione del lavoro. Secondo lo stesso, infatti, i giudici di merito avevano erroneamente individuata tale ingerenza nella stesura di un verbale con il quale dallo stesso erano state contestate all’impresa esecutrice delle violazioni antinfortunistiche ed era stata emessa una disposizione di sospendere le attività, circostanze queste ritenute dal direttore dei lavori inidonee ad affermare che lo stesso avesse, in via di fatto, poteri gestori in materia di sicurezza del cantiere mentre dovevano nel caso particolare individuare l’obbligo del rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro a carico dell'appaltatore e del datore di lavoro.
 
L’esito del ricorso e le decisioni della suprema Corte
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Nel far ciò la stessa Corte ha ribadito, secondo quelli che sono ormai i dettami consolidati della giurisprudenza, che “ i destinatari delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti; e che il direttore dei lavori, per conto del committente, è tenuto alla vigilanza sull'esecuzione fedele del capitolato di appalto e non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche, salvo che non risulti accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere”. “ Una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori”, ha quindi proseguito la suprema Corte, “comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni deve essere rigorosamente provata, attraverso l'individuazione di comportamenti che possano testimoniare, in modo inequivoco, l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere”.
 
La Sez. IV ha quindi ritenute corrette le determinazioni assunte dalla Corte di Appello la quale, condividendo la decisione del primo giudice, aveva affermato la responsabilità penale dell'imputato, in veste di direttore dei lavori, per essersi direttamente ingerito nell'attività decisionale ed organizzativa attinente alle misure antinfortunistiche. Il Collegio aveva posto infatti in evidenza che l'imputato aveva verificato la carenza delle misure antinfortunistiche nel cantiere in argomento il giorno antecedente l'infortunio mortale tanto da avere ordinato alla ditta appaltatrice di ovviare a dette carenze e di sospendere le lavorazioni. La stessa Corte territoriale aveva, inoltre, osservato che l'imputato si era recato diverse volte presso il cantiere, aperto già da settanta giorni rispetto alla data dell'infortunio, nonché che gli operai avevano ripetutamente utilizzato apparecchiature elettriche nel corso dei lavori e che l’imputato aveva constatato la situazione di assoluta carenza in cantiere di misure antinfortunistiche.
 
Sulla scorta di tali rilievi”, ha così concluso la suprema Corte , “il Collegio ha del tutto conferentemente rilevato che l'imputato si era effettivamente ingerito nelle decisioni organizzative del lavoro, con conseguente assunzione di fatto della relativa posizione di garanzia”.
 
 

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