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"Sentenza Thyssen, l’Ad conosceva le condizioni e accettò il rischio"

fonte Agi / Responsabilità sociale

17/11/2011 - "Il quadro complessivo induce la Corte a ritenere che certamente Espenhahn, così come contestato, si fosse 'rappresentata’ la concreta possibilità, la probabilità del verificarsi di un incendio, di un infortunio anche mortale sulla linea 5 di Torino;
e che, altrettanto certamente, omettendo qualsiasi intervento di 'fire prevention' in tutto lo stabilimento e anche sulla linea 5 e anche nella zona di entrata della linea 5, ne avesse effettivamente accettato il rischio".
Lo scrivono i giudici della Corte d'Assise di Torino nelle oltre 500 pagine di motivazioni della sentenza che ha condannato sei dirigenti e dipendenti della ThyssenKrupp per l'incendio del 6 dicembre 2007 nello stabilimento di Torino in cui persero la vita sette operai. L'amministratore delegato Harald Espenhahn ha subito la condanna più grave per un reato mai contestato prima nei casi di incidenti sul lavoro: 16 anni e mezzo per omicidio volontario con dolo eventuale.
"La Corte non riesce, nel caso di Espenhahn, a individuare alcun fattore, alcun elemento, ripercorrendo l'intero quadro a disposizione dell'imputato, in forza del quale egli potesse 'ragionevolmentè sperare che non sarebbe capitato nulla, nessun incendio, nessun infortunio anche mortale nello stabilimento di Torino, soprattutto sulle linee di trattamento, soprattutto sulla linea 5, soprattutto dopo l'incendio di Krefeld, soprattutto non intervenendo in alcun modo in prevenzione e protezione, soprattutto conoscendo le condizioni di lavoro di Torino, le condizioni di lavoro sulla linea 5, soprattutto considerata e da lui conosciuta la frequenza degli incendi a Torino e sulla linea 5".
"La sentenza è la degna, eccezionale conclusione di uno dei processi in assoluto più importanti mai celebrati nel nostro Paese": così il Procuratore aggiunto Raffaele Guariniello commenta le motivazioni della sentenza Thyssen sull'incendio nello stabilimento di Torino che il 6 dicembre 2007 costò la vita a sette operai.
Per Guariniello, coordinatore dell'inchiesta e pubblico ministero che ha condotto l'accusa in aula, la sentenza e le sue motivazioni dimostrano "cinque fatti positivi.
Primo: la giustizia può dare risposte straordinarie alle istanze di tutela della dignità dei cittadini; secondo: al centro dell'attenzione è ormai giunta la politica aziendale della sicurezza: come ci invita a fare la Corte di Cassazione, dobbiamo entrare nelle stanze dei consigli di amministrazione, per scoprire le scelte aziendali di fondo che portano agli infortuni, ai disastri; terzo: è preziosa la partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia; quarto: è indispensabile fare le indagini con rapidità, per non incorrere nella devastante prescrizione dei reati e, a questo scopo, è irrinunciabile un'organizzazione specializzata; quinto: è determinante la scelta fatta dalle nostre leggi, quella di puntare non solo sulla responsabilità penale degli amministratori, ma anche - conclude il magistrato - sulla responsabilità stessa della società".

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