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"Il nuovo Accordo per RSPP"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
21/04/2015 -
Il Ministero del Lavoro ha trasmesso alle parti sociali la
bozza del testo che prevede una rivisitazione del vecchio Accordo Stato
Regioni, del 2006, sulla formazione
dei RSPP e ASPP. Tale testo, pubblicato nell’edizione del 13 aprile 2015 di
Punto Sicuro, sarà portato in discussione nella riunione della Commissione
Consultiva convocata per il 22 aprile. Successivamente si apriranno le
“riflessioni” (sperando che qualcuno voglia riflettere per davvero) dei
componenti la Commissione per poi essere approvato definitivamente dalla
Conferenza Stato Regioni.
Come si ricorderà il primo Accordo del 2006 è il frutto del
D.Lgs. 195 del 2003 che modificava e completava il D. Lgs. 626 del 19 settembre
1994, introducendo l’art. 8bis in ordine ai corsi di formazione.
E’ importante richiamare, sinteticamente alcuni aspetti,
poiché la memoria dovrebbe essere utile per non ripetere errori del passato e,
soprattutto, cercare di fare meglio e bene.
Ricordo che il D. Lgs. 195/2003 era stato adottato
dall’Italia in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia europea
C-49/00 riguardante la trasposizione nella legislazione italiana dell’art. 7,
paragrafi 5 e 8, della direttiva quadro 89/391/CEE , in base al quale gli Stati
membri devono definire le capacità e le attitudini di cui devono disporre i
lavoratori incaricati dello svolgimento dei servizi di prevenzione e di protezione.
Ovviamente, nell’italica (non)gestione della sicurezza, il
decreto non “decretava” ma, demandava alla Conferenza Stato Regioni l’adozione
di un accordo per definire i criteri per lo svolgimento
della formazione dei RSPP.
E, a questo punto, penso di avere titolo, seppur piccolo, in
questa vicenda poiché è stato il sottoscritto che ha presentato denuncia alla
Commissione Europea il 23 dicembre 2005, registrata con il n. 2006/4223, con la
quale richiamavo il fatto che dopo due anni e mezzo la Conferenza Stato Regioni
non avesse promosso nulla ed i tempi si erano abbondantemente allungati a
dismisura e scaduti. Prima di avviare le procedure per la denuncia ne avevo informato
Ministero e Regioni e proprio in virtù del fatto che vedevo sempre allungare il
brodo mi sono deciso alla formalizzazione della denuncia vera e propria.
Non so se la mia denuncia sia servita tanto o poco, fatto
sta, che il 26 gennaio 2006 veniva approvato l’Accordo Stato Regioni sulla
formazione di Addetti e Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione
(pubblicato sulla G.U. n. 37 il 14 febbraio 2006) e, con grande celerità, le
autorità italiane hanno notificato il provvedimento agli uffici europei in data
31 maggio 2006.
Lascio a voi fare i calcoli dei tempi ma in questo paese per
spedire una lettera ci vogliono 75 giorni lavorativi!
Ma la storia non finisce qui. Dopo l’approvazione
dell’Accordo, che i medesimi firmatari facevano fatica a comprendere, è stato
necessario approvare delle “Linee interpretative” con un nuovo Accordo Stato Regioni firmato in data 5
ottobre 2006 ma pubblicato in G.U. solo in data 7 dicembre 2006.
Se queste sono le premesse mi sembra giusto ed opportuno
richiamare l’attenzione per non ripetere, ancora una volta, una storia già
vista e che pensavamo appartenesse ad una stagione finita.
Deve iniziare un percorso virtuoso di eliminazione della
trasmissione, prima di tutto cartacea ed anche informatica, di documenti che
non verranno mai visti da nessuno ed andranno ad alimentare faldoni ed adesso i
server.
Ricorderete quando bisognava mandare per Raccomandata alle
DPL ed alle ASL la lettera di nomina del RSPP. A cosa è mai servito se non ha
riempire scatoloni e poi, giustamente, si è sbaraccato tutto.
Però si persegue con uno stato che non crede e non si fida
dei suoi cittadini. Allora bisogna mandare i nomi degli RLS all’INAIL: per
farne che cosa? E, poi ancora, gli elenchi dei lavoratori che hanno svolto
corsi per le attrezzature: per farne che cosa?
Diranno un controllo, una analisi, ricerche, sperimentazione:
Non prendiamoci in giro!
Ricordiamo che l’Accordo che si sta revisionando, del
2006, prevedeva una fase sperimentale
che doveva concludersi il 14 febbraio 2008. Ne avete mai saputo qualcosa di
come è andata a finire! Sbagliare una volta va bene ma, continuare a credere
(per fingere) di fare monitoraggi, revisioni, aggiustamenti per essere
all’altezza dei tempi non sono più cose proponibili e credibili.
Non si tratta di assegnare colpe o responsabilità ma,
piuttosto di richiamare tutti a svolgere una azione di alto profilo con un
Accordo innovativo chiaro e che, soprattutto, responsabilizzi e punti sui
soggetti seri ed affidabili mettendoli nelle condizioni di lavorare ed
innovare.
Intendiamoci, in questi circa 10 anni dal primo Accordo
del 2006, sono state molte e tante le cose positive fatte e non è mancato
l’impegno del Ministero del lavoro, delle Regioni, dell’Inail, delle parti
sociali - e perché no - degli operatori, delle associazioni scientifiche, di
seri e veri soggetti formatori che hanno positivamente contribuito ad applicare
e migliorare la formazione sulla sicurezza sul lavoro.
Presentiamo 10 punti quale contributo di riflessione.
1.
Essere
al passo con i tempi
La
bozza di revisione dell’Accordo Stato Regioni del 2006 per la formazione degli
RSPP nasce vecchia nella forma e nei contenuti.
Viene
riproposta quasi la identica formulazione, con alcune attente ed utili
modifiche, che si basa su un impianto vecchio di 10 anni che ratifica quanto è
successo nell’ultimo decennio ma non offre prospettive e novità.
Il
testo viene anche redatto all’infuori delle recenti novità che hanno coinvolto
il mondo del lavoro, con una azione di taglia e incolla (ripetizioni degli
stessi concetti), che prevede una applicazione della formazione dei lavoratori
e di altri soggetti senza tener conto del dibattito politico e culturale che
investe, prima di tutto, il mondo del lavoro. Come se la formazione fosse una cosa
avulsa dal mondo del lavoro, dei lavoratori e delle aziende.
Non vi
è traccia, normativa e culturale, delle novità introdotte e che verranno dal Job Acts al dibattito
(certo ancora non legge) della revisione del Titolo V e dell’art. 117 della
Costituzione.
Un
Accordo più burocratico che di consapevolezza del lavoro che cambia, della
nuova realtà delle imprese e delle difficoltà economiche del nostro tempo che
si inquadrano in un processo di globalizzazione della società e, quindi, dei
suoi componenti e dei lavoratori.
Dalla
crisi, ormai progressiva, della grande industria all’aumento del lavoro
autonomo ed individuale, dal telelavoro allo
smart working, sono aspetti di cui nell’Accordo non vi è traccia.
Quello
utile è un Accordo di ampio respiro (visto che il precedente è durato 10 anni)
che cerchi di dare indicazione ed una prospettiva e non solo vincoli amministrativi.
2.
Soggetti
formatori
Forse
sarebbe meglio definirli “soggetti organizzatori”, in quanto il loro ruolo
consiste nell’organizzare tutte le azioni formative.
Resta
il punto più debole e vago dell’Accordo che non viene affrontato lasciando
sempre il tema in una sorta di limbo e di ambiguità.
Dopo
10 anni è ormai risaputo che il “soggetto formatore” resta la questione più
importante dell’intero processo formativo e le precedenti, vecchie e, non
chiare norme ne hanno solo moltiplicato e fatto proliferare fasulli e semi
fasulli enti, associazioni ed aziende che della formazione ne hanno fatto solo
un business di adempimenti formali (se non di pura e semplice vendita di
attestati). Basta analizzare cosa è successo e cosa hanno prodotto i cosiddetti
enti bilaterali. Serve estrema chiarezza e severità per porre fine ad un
sistema alimentato e favorito da norme poco chiare e confuse.
2.1 I soggetti formatori devono
essere definiti con chiarezza e semplicità, chiarendo che devono essere i medesimi per tutti gli Accordi, (non
è possibile per ogni Accordo prevedere norme e soggetti differenti) distinguendoli
prima di tutto in:
- Ope legis, previsti dal D.
Lgs. 81/2008
-
Previsti dal punto 4 dell’Accordo del 26 gennaio 2006
Per i quali valgono le norme previste dall’Accordo.
2.2
Enti accreditati alle singole Regioni
La questione degli accreditamenti
regionali (differenti e disomogenei) restano una grave distorsione nel settore
che del resto sono anche in contraddizione con molti aspetti dello stesso
Accordo. (
E’ noto che ciascuna Regione ha
una propria legge o norma e che in oltre 20 anni non vi sia stato un passo
condiviso di regole certe e uguali per tutti i cittadini la dice lunga sul
livello di responsabilità).
- Le Regioni, nella maggior parte dei casi,
accreditano le sedi formative
laddove si devono svolgersi i corsi. Ma
come potranno svolgere corsi in azienda (come prevedono molti Accordi) se
devono, invece, essere svolti nella sede accreditata? Mistero! (
Non
sempre, si imbroglicchia, si fanno in un posto e si scrive un’altro).
-
Solo per costoro valgono le norme che le Regioni hanno,
ad abundantiam, elargito per applicare gli Accordi e deve
essere chiaro - per non creare allarmismi e confusioni - che dette norme valgono solo per le sedi
regionali accreditate
(considerando che
spesso sono norme collegate alla formazione professionale) e, quindi, si
dubita fortemente quali siano, a livello regionale, le capacità di indirizzo e
controllo della formazione alla sicurezza sul lavoro per sua natura più androgena
che pedagogica. Aggiungiamo, poi, come
le norme sono emesse dagli assessorati alla sanità e gli accreditamenti dagli
assessorati alla formazione che equivale a controllo dell’effettività pari a
zero. Serve solo una buona organizzazione che spedisca carta e moduli.
2.3 Le
bozze dell’Accordo entrano, con chiarimenti condivisibili, nel merito degli
enti bilaterali e gli organismi paritetici. Per i quali, però, deve essere ben
distinto il ruolo e non accorpati alle associazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori in quanto sono loro stesse che li possono costituire
- Sugli enti bilaterali, soprattutto, e gli
Organismi paritetici servono norme chiare e nette senza infingimenti
consapevoli della moltiplicazione di tali enti ai soli fini di business.
- Più severità e determinazione in quanto i “veri”
enti non avranno nulla da temere.
2.4 Eliminare
con una semplice norma l’invio di carta, nomi, verbali, ed elenchi a Regioni,
ASL definendone la responsabilità della tenuta al soggetto formatore. Lo
strumento potrà essere il Libretto Formativo di cui diremo al punto 6.
2.5 Introdurre, ovvero lasciandone la facoltà in via
sperimentale, un sistema di verifiche e controllo e ispezioni sull’attività,
metodi e realizzazioni dei soggetti formatori.
-Si viene così a spostare l’asse del controllo alla
fonte e non solo alla fine della filiera, in azienda, con il controllo degli
attestati e della formazione svolta.
-Compiti di vigilanza e controllo che potrebbero
essere affidati all’INAIL, a livello regionale, o alla nuova costituenda
Agenzia unica per le ispezioni e la vigilanza tra DRL, Inail, Inps.
Scrivendo di semplificazione la bozza di Accordo ripete ed elenca
definizioni già chiare nell’art. 32, c. 4 del D.Lgs.81/08
Perché elencare le amministrazioni statali, rischiando di dimenticarsene
qualcuna? Non basterebbe dire “Amministrazioni statali e pubbliche”
aggiungendo invece il termine “limitatamente ai propri così
come per gli ordini e collegi professionali.
3.
Docenti
Si esprime
un giudizio positivo sull’obbligo che tutti i docenti siano in possesso dei
requisiti di cui al D.I. 6 marzo 2013.
Tale
obbligo, però, e l’occasione dell’Accordo per introdurre la norma che “per tutti
i corsi previsti dal D. Lgs. 8/2008 i docenti devono essere qualificati”.
Basta
riflettere sulla disposizione semplificativa in base al quale un RSPP che vuole
conseguire il titolo di Coordinatore
della Sicurezza è esonerato dallo svolgimento del Modulo giuridico “A”. La
formazione per questo modulo dovrà essere svolta da un docente qualificato. Se
poi il RSPP proseguirà con i restanti moduli tecnico, metodologico e parte
pratica il docente non è tenuto ad essere qualificato.
Allo
stesso modo per la parte giuridica del corso per Coordinatori della Sicurezza
il docente potrà essere un formatore non qualificato mentre il medesimo corso
svolto per RSPP prevede invece che qualificato lo sia.
Una
bella contraddizione.
-Si
rileva, solo marginalmente, come le medesime definizioni siano contenute nel
punto 2 (pag. 4) e ripetute, ampliandole, nel punto 12.1. prima parte (pag.
16). Si tratta di una ripetizione che non semplifica la norma.
4.
Articolazione
corsi
L’allegato
V costituisce un’importante elemento di novità e di sviluppo.
La sua
portata di indicazioni metodologiche, utili per i soggetti formatori e per i
docenti qualificati, sono talvolta in contraddizione con il testo dell’Accordo
che, invece ne definisce (e non si limita ad indicare) contenuti e obiettivi
con ripetizioni similari ed anche differenti.
Si
ritiene utile una sola ed utile versione considerando come alla base della
formazione vi sia il progetto formativo che non può essere definito per legge o
norma ma redatto in base al bisogno formativo. Le indicazioni sono utili gli
obblighi no.
In
questo contesto appare illogico nelle unità didattiche del Modulo A e del
Modulo C indicare le ore di lezione relativi ai singoli argomenti che, invece
in base all’analisi dei bisogni possono differire a seconda degli utenti della
formazione.
Il
metodo utile da seguire è quello rappresentato dal Modulo “B” in quanto viene
definito il monte ore dello specifico modulo e poi l’elenco degli argomenti da
trattare.
Ad es.
nel Modulo B-SP2: Cave e Costruzioni sono associate 16 ore di formazione ma,
giustamente non viene definito un piano di 2 ore per il PSC o 6 ore per i
lavori di scavo, ecc.
- Si
ritiene utile procedere allo stesso modo per i Moduli A e C
Del resto anche l’Accordo del 21 dicembre 2011 per la
formazione dei Lavoratori, Dirigenti e Preposti segue lo stesso percorso
indicando il monte ore minimo ed un elenco di argomenti da trattare.
5.
Apprendimento
Non si
vuole sollevare il tema di cosa sia l’apprendimento che, per serietà, non può
essere costituito da un test di 20 o 30 quiz o un breve colloquio di 10 minuti.
Giustamente
nell’Allegato V al punto 4 si descrive il fenomeno con il suo vero sostantivo
che trattasi di “verifiche in itinere e finali”
Sarebbe
cosa utile che tutto il testo dell’Accordo Stato Regioni (richiamando anche
tutti gli altri Accordi già emessi) si uniformasse a questa dizione ed
interpretazione.
6.
Libretto
Formativo
Nell’Accordo
del gennaio 2006, al punto 2.5. si definiva come le certificazioni degli RSPP,
ASPP andavano inserite nella sezione III del “ Libretto Formativo” di cui al
D. Lgs.10 settembre 2003, n. 276.
Sono
passati quasi 10 anni e del “Libretto” se ne è persa traccia con la formula “
… se concretamente disponibile…” in quanto è rimasta aria fritta lo schema di
libretto Formativo approvato il 13
luglio 2005 in sede di Conferenza Unificata Stato Regioni.
Nelle
bozze del nuovo Accordo si cerca di fare un passo avanti, introducendo
nell’Allegato IV, un Modello che di fatto sostituisce il Libretto Formativo.
Iniziativa
lodevole che viene demandata al solo datore di lavoro nei riguardi dei propri
lavoratori, dirigenti e preposti.
La
definizione valevole per la norma trova la sua difficoltà organizzativa ed applicativa.
Raramente il datore di lavoro è
l’organizzatore dei corsi. La verità è che i corsi sono, nella quasi totalità,
svolti da enti, associazioni, agenzie, aziende di formazione che meglio di
altri, oltre all’Attestato, possono compilare il Libretto formativo.
Vale
la pena, allora, che il Modulo possa essere compilato, correttamente, anche dal
soggetto formatore.
7.
Datore
di lavoro
La
formazione di base del Datore di lavoro non rientra nell’ambito degli Accordi
Stato Regioni cionondimeno il problema esiste e deve essere considerato.
Tra
tutti i soggetti aziendali della sicurezza l’unico esonerato dalla pur minima
frequenza ad un corso di formazione è proprio il datore di lavoro sul quale
gravano poi tutti gli adempimenti di legge.
Una
situazione paradossale che potrà/dovrà essere modificata solo in sede di
revisione del D. Lgs. 81/2008 ma non da ignorare.
Una
proposta lungimirante potrebbe essere quella di introdurre un piccolo modello
di formazione, facoltativo, per i Datori di lavoro (4 ore per illustrare
compiti diritti e doveri) che possano costituire elemento premiante di cui gli
organismi di vigilanza ne possano tener conto nei casi di ispezione.
8.
Classi
di laurea
La
questione è seria ed andrebbe scritta in modo applicabile e comprensibile.
A pag.
3 vengono riportate
norme già definite
dal D. Lgs. 81/08 mentre nell’Allegato I (pag. 19) si potrebbe andare oltre il
burocratese
chiarendo già nel titolo
o in un sottotitolo:
“coloro che sono in
possesso di una Laurea Magistrale o Specialistica devono frequentare il Modulo
C del corso per RSPP” (non sarebbe un piccolo esercizio di semplificazione
ovvero di chiarezza a cosa serve questa norma?)
Vi sono però altre questioni su cui riflettere:
a)
Ha senso riportare l’elenco dettagliato di tutte le Classi di laurea? E se
domani ne esce una nuova bisogna rifare la norma.
b)
Sarebbe sufficiente dire che
“l’esonero
alla frequenza dei moduli A e B, per coloro che intendono svolgere il ruolo di
RSPP, è ammesso per tutti coloro che possiedono una laurea magistrale o laurea
specialistica che prevedano al suo interno lo svolgimento di un esame su salute
e sicurezza sul lavoro”
Ad
esempio. La laurea LM-31 e 34/S in Ingegneria gestionale non prevede nessun
corso ed esame di salute e sicurezza: perché devono essere esonerati dalla
frequenza ai moduli A e B:
Mentre,
invece, nella Classe di laurea in Giurisprudenza LMG/01 vi possono essere uno o
più esami relativi alla prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro. Ma, in base
all’allegato II, questi giovani laureati - che di sicurezza ne sanno più di
altri - non sono esonerati dai Moduli A e B.
Una osservazione metodologica
(e storica)
Già durante il
dibattito sull’Accordo del 2006 (in applicazione del D. Lgs. 195/03) qualcuno
affermava che la sicurezza è esclusiva professione delle “lauree tecniche” e
non di quelle cosiddette “umanistiche”.
Ricordo che nel corso di un dibattito ufficiale una nota professionista
chiese se anche lei potesse fare un corso per svolgere il ruolo di RSPP. Il
rappresentante del ministero del lavoro, che ben la conosceva, rispose
prontamente “SI”. Ma la professionista rispose: “Mi pare proprio che non lo
possa fare perché io sono laureata in filosofia”!
Insomma
smettiamola con lauree tecniche e laure umanistiche.
Sarebbe più onesto
e chiaro scrivere che qualunque laurea un soggetto abbia conseguito la
condizione di esonero dovrà essere, non il titolo formale della laurea ma, la
certezza di aver superato un esame in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il relativo
documento attestante il superamento dell’esame, verificato dal soggetto
formatore, costituisce l’ammissione alla frequenza del modulo C.
-
Questo può essere un esempio di semplificazione
e chiarezza.
9.
E-Learning
L’Allegato
III sui requisiti dell’e-Learning contiene novità interessanti ed utili ma si
limita a descrivere una statica situazione esistente e non favorisce
prospettive di sviluppo e di avvenire.
Negli
ultimi dieci anni la diffusione delle nuove tecnologie ha rivoluzionato anche
le tecniche e i metodi di trasmissione del sapere. Il Web è, ormai, un presidio
di formazione permanente in cui si trovano stimoli e potenzialità senza limiti.
Si sta, sempre più, passando dalla classica interazione faccia a faccia tra
docente ed allievo ad un approccio che utilizza videolezioni, videoconferenze,
testi digitali, webforum, ecc. Sono tutti elementi che contribuiscono alla
nascita di un più veloce e diffuso sistema di formazione: l’apprendimento in
e-learning che cambia radicalmente il modo di pensare e progettare i contenuti
formativi, il modo di archiviarli, le modalità di organizzazione e di fruizione
da parte dell’utente nonché di sistemi di erogazione di materiali didattici.
Internet
non può sostituire la didattica tradizionale. Ma è uno strumento sempre più
utile e prezioso per affiancarla, potenziarla e diffonderla.
-L’Allegato
II contiene elementi tecnici attuali ma che, potrebbero, essere superati dalle
nuove tecnologie e sviluppo delle reti in pochi anni. Non appare opportuno che
una norma di legge entri in particolari tecnici che sono propri dello sviluppo
tecnologico.
-Ad
esempio non vi è alcun riferimento alle nuove tecniche dei MOOC (Massive Open
Online Courses) sviluppata nel 2011 negli Stati Uniti e che si sta
propagandando con velocità sorprendente in tutto il mondo.
Non mancano nell’Allegato II alcune indicazioni che, per
loro natura, snaturano il significato ed i modelli organizzativi della formazione
in e-learning.
-Gli
esami in presenza sono utili ed importanti ai fini dell’acquisizione di un
ruolo, qualifica come lo è per il Dirigente, Datore di lavoro, ecc.
-Per i
corsi di aggiornamento non sono previsti esami finali in quanto il soggetto è
già in possesso del titolo e quindi non deve ripetere esami o verifiche.
-Non
sono utili esami in presenza per corsi di carattere generale dei lavoratori
(che senso ha lo svolgimento di 4 ore di corso se poi il lavoratore si deve
recare in una sede per fare un banale test) in quanto il vero e proprio esame
si svolgerà successivamente con la frequenza ai moduli di formazione specifica.
-Quale
valore formativo può avere la “consegna degli attestati personalmente ai discenti”.
E’ ovvio che qualora per il corso ne sia prevista la verifica in aula l’attestato
può essere consegnato direttamente a mano (o spedito per posta). Ma qualora il
corso non preveda la verifica finale l’utente potrà ricevere direttamente
l’Attestato dal sistema informatico: una cosa logica e normale.
Il
nuovo Accordo deve prevedere un elemento di chiarezza sui soggetti formatori
che possono erogare la formazione in e-learning avviando un sistema di
riconoscimento a livello nazionale di tali soggetti con relativi controlli che
possono essere affidati alla struttura regionale come l’INAIL che ne possiede
le competenze.
Regioni
e ASL non possono essere lo strumento idoneo per garantire un sistema unitario
della formazione e-learning in quanto non è confinabile all’interno dei
territori regionali.
-Allo
stesso tempo dovranno essere chiarite alcune definizioni conflittuali presenti
dell’Accordo come ad esempio sul numero degli allievi. Allorquando si prevede
che per i corsi di aggiornamento il numero massimo dei partecipanti debba
essere 35 che cosa significa e come si deve fare se il corso di aggiornamento
viene svolto in modalità e-learning (come si dice nella riga successiva in pag.
14).
-L’Allegato
II, di cui vanno conservate molte delle definizioni presenti, deve essere
contestualizzato all’intero Accordo per essere reso serio, applicabile e non si
presti a false interpretazioni ed applicazioni.
10.
Esoneri
e crediti formativi
Nel
mentre si ritiene utile, nel dettato della semplificazione che significa anche
chiarezza di esposizione, riformulare il titolo o sottotitolo dell’Allegato
III, la previsione dei crediti tra i differenti ruoli dei soggetti della
sicurezza si esprimono dubbi circa le tabelle di cui a pag. 27.
Si
ritiene utile e sufficiente la formulazione già contenuta nell’art. 5 bis del
D. Lgs. 81/2008 e le tabelle dovrebbero essere indicative di indirizzo
lasciando ai soggetti formatori l’applicazione della norma facendosi carico
delle proprie responsabilità.
Un
ulteriore passaggio verso un ruolo di responsabilità dei soggetti formatori.
Rocco Vitale, Presidente dell’AiFOS
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