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"Amianto: Inail pubblica un nuovo studio"

fonte www.insic.it / Amianto

08/06/2015 - Lo studio realizzato dai ricercatori Inail del laboratorio di epidemiologia del Dimeila insieme agli esperti dei Centri operativi regionali, il cui riassunto disponibile in un articolo pubblicato sul sito della rivista scientifica BMC Cancer, analizza i casi di mesotelioma basandosi sui dati di esposizione rilevati dal Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM) che hanno il compito di identificare tutti i casi di mesotelioma insorti nel proprio territorio.


Lo studio, che risulta essere uno dei più letti e scaricati tra quelli pubblicati su BMC Cancer, ha quindi individuato con tecniche statistiche bayesiane 32 cluster di comuni e analizzato 15.322 casi incidenti (ovvero in vita al momento della rilevazione) di mesotelioma registrati dal ReNaM, con diagnosi formulata nel periodo compreso tra il 1993 e il 2008. Per la prima volta in Italia questi dati sono interpretati alla luce dei dati di esposizione rilevati dai Cor, che hanno raccolto 11.852 storie occupazionali, residenziali e familiari attraverso interviste individuali, dirette o indirette, per identificare le modalità di esposizione. Nel dettaglio, tra gli uomini intervistati l'esposizione all'amianto è stata accertata nell'86,4% dei casi (7.538 su 8.724), mentre tra le donne la stessa percentuale è pari al 60,3% (1.888 su 3.128).

"In passato sono state svolte analisi territoriali e comunali dei decessi per mesotelioma con dati di minore qualità diagnostica e senza avere a disposizione informazioni sulle modalità di esposizione - spiega il responsabile del responsabile del ReNaM, Alessandro Marinaccio - In questo studio, invece, per la prima volta abbiamo utilizzato i dati di esposizione rilevati nelle interviste per descrivere le ragioni della presenza di cluster di casi di mesotelioma in ciascun territorio identificato". Tra i siti analizzati spiccano Biancavilla Etnea, per l'esposizione ambientale da fluoroedenite, Casale Monferrato, Broni e Bari, per la presenza di impianti di produzione di manufatti in cemento amianto, e La Spezia, Genova, Monfalcone, Trieste, Castellamare di Stabia, Livorno e Ancona, per la presenza di cantieri navali.

Un dato interessante emerso dalla ricerca riguarda il rapporto di genere uomo-donna: tra i casi analizzati è pari a due casi e mezzo di sesso maschile per ogni caso di sesso femminile. "Questo rapporto, particolarmente basso in Italia, anche comparato ad altri Paesi con disponibilità di dati, per una malattia di prevalente origine occupazionale è significativo - sottolinea Marinaccio - Nel nostro Paese, infatti, la quota di casi di sesso femminile è particolarmente alta e la spiegazione può essere la circostanza di un impiego nel passato delle donne in settori coinvolti nell'esposizione, come il tessile e l'industria del cemento amianto, elevato per ragioni di storia industriale". Il peso dell'esposizione non occupazionale nell'insorgenza del mesotelioma è stimabile, secondo il ReNaM, intorno al 10%. Il 10% dei casi di mesotelioma è cioè determinato da esposizioni all'amianto occorse in ambito non lavorativo, per le quali è rilevante la quota femminile.

Premesso che i casi osservati al momento della diagnosi sono assegnati al municipio di residenza, come vengono valutati i casi di quei lavoratori che sono residenti in un comune ma sono stati esposti in un altro, dove si è svolta la loro storia professionale? La risposta a questo quesito, che introduce il problema della migrazione lavorativa, costituisce la prossima fase di studio dei ricercatori. "L'analisi per comune ‘di esposizione' avrà l'obiettivo di superare questo limite e sarà il prossimo step del nostro lavoro", conferma Marinaccio.

La ricerca ricorda anche che la produzione di amianto nel nostro Paese ha raggiunto il suo culmine nel periodo compreso tra il 1976 e il 1980, ma si è mantenuta intorno alle 100mila tonnellate all'anno fino al 1987, con l'import di asbesto che nel 1991 superava ancora le 50mila tonnellate. Considerata la lunga latenza del mesotelioma - generalmente di 35-40 anni a partire dalla prima esposizione - questi riferimenti temporali non consentono di considerare chiusa la questione amianto in Italia. Malgrado i risultati scientifici non lascino dubbi sui danni per la salute che comporta il suo utilizzo e sebbene tutti gli organismi e le istituzioni internazionali, come l'Ilo e l'Organizzazione mondiale della sanità, abbiano sollecitato a più riprese la sua messa al bando, la fibra killer continua a essere estratta, lavorata ed esportata in molti Paesi.

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