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"Direttore dei lavori: è responsabile del risarcimento danni anche se chiamato in causa"

fonte www.insic.it / Sentenze

09/06/2015 - La Corte di Cassazione, sez. III, con la sentenza n. 7370 del 13 aprile 2015, ha riconosciuto che il direttore dei lavori, anche se è chiamato in causa dall'impresa, può essere condannato al risarcimento del danno qualora non abbia supervisionato e controllato sulla corretta esecuzione dei lavori.


La Corte di Cassazione, sez. III, con la sentenza n. 7370 del 13 aprile 2015, ha rigettato il ricorso del direttore dei lavori, dell'impresa e del geologo, condannati in appello come responsabili del danno subito da un privato per la costruzione di una villetta.
La Corte ha confermato la decisione assunta in appello, soffermandosi sulla figura del direttore dei lavori, il quale deve supervisionare e controllare la corretta esecuzione dei lavori e qualora fosse chiamato in causa per l'accertamento della sua responsabilità, può essere condannato al risarcimento del danno in favore del committente.

Il fatto
Un committente dei lavori di costruzione di una villetta, si è opposto al decreto ingiuntivo di un'impresa edile per il pagamento del saldo dei lavori per la somma di Euro 28.380,54.
La motivazione del controricorso è legata all'aver riscontrato gravi vizi nella costruzione della villetta, per i quali era già stato proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo, in cui si richiedeva all'impresa appaltatrice il risarcimento del danno; e, per cui era stato sospeso il pagamento del saldo dei lavori.
L'impresa ha negato la propria responsabilità, affermando di essersi attenuta a quanto richiestole dal direttore dei lavori e dal progettista.
Tale progettista, vedendosi chiamato in causa dall'impresa, ha richiesto la chiamata in causa del direttore dei lavori strutturali e del geologo.
Il Tribunale di Forlì, in primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo, condannando l'impresa, il direttore dei lavori e il geologo, al pagamento della somma totale di Euro 430.615,60 per il risarcimento dei danni.
In secondo grado, le parti condannate hanno proposto l'appello che la Corte non ha accolto, confermando così la decisione di primo grado.
Per questa ragione hanno deciso di ricorrere in Cassazione.


La decisione della Corte di Cassazione
La Cassazione ha ritenuto il ricorso non fondato.
La ragione di tale decisione è stata ravvisata dagli ermellini nel fatto che la Corte d'Appello si è attenuta ad un principio consolidato in giurisprudenza per cui la domanda dell'attore si estende automaticamente al terzo chiamato in causa quando "la chiamata in causa sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell'attore, in ragione del fatto che il terzo deve essere individuato come unico obbligato nei confronti dell'attore, in vece e luogo dello stesso convenuto".
Realizzando così un ampliamento della controversia in senso soggettivo, dove il chiamato in causa diventa parte del giudizio, e in senso oggettivo, dove l'obbligazione del terzo diviene alternativa rispetto a quella individuata dall'attore.
Ferma restando così l'unicità del complessivo rapporto controverso (Cass. civ., sez. 3, 28 gennaio 2005, n. 1748; Idem, 21 ottobre 2008 n. 25559; Idem, 7 ottobre 2011 n. 20610).
Secondo la Corte, in appello è stato correttamente accertato che ci fosse la volontà di ricondurre la responsabilità dei vizi denunciati, da parte del committente, al direttore dei lavori.
La responsabilità in questione è fondata sul contratto di appalto, a cui si ricollegano la nomina dell'impresa appaltatrice, la nomina del direttore dei lavori, il rapporto interno di cooperazione e di corresponsabilità fra l'impresa e il direttore dei lavori.
Per giurisprudenza recente, si deve avere riguardo all'effettiva volontà del chiamante di attribuire al terzo la responsabilità della cattiva esecuzione delle opere, e ove una tale volontà sussista, il giudice può emettere condanna direttamente a carico del terzo, anche se l'attore non ne abbia fatto richiesta, senza incorrere nel vizio di extrapetizione (Cass. civ., 20610/2011 cit.).
Per quanto riguarda il caso in esame, bisogna evidenziare che il direttore dei lavori è la persona di fiducia del committente, il quale deve sorvegliare sulla corretta esecuzione delle opere da parte dell'appaltatore e del personale di cui questi si avvalga, fermandone l'esecuzione in caso di vizi o difetti (Cass. civ. Sez. 2, 29 agosto 2013 n. 198 95).
Per la Corte di appello, il geometra direttore dei lavori, pur se non competente per l'esecuzione dei calcoli in cemento armato, era competente a valutare in corso d'opera come l'appaltatore ed i suoi ausiliari eseguissero il loro lavoro, in modo da rilevare per tempo i gravi difetti delle opere, prima che venissero completate in termini talmente difettosi da avere addirittura sollecitato un ordine di sgombero da parte dell'autorità, a causa del pericolo di crollo.
Il compito del direttore dei lavori è proprio quello di supervisionare e di controllare la corretta esecuzione degli elementi portanti; diversamente non deve accettare l'incarico. Inoltre, deve fornire la prova che i vizi verificatisi non potevano essere obiettivamente rilevati se non a costruzione ultimata.
La Corte di appello, infine, ha accertato che dalla relazione del tecnico (CTU) si ricava che i difetti architettonici sono stati tali da compromettere in modo considerevole le possibilità di godimento e conservazione dell'edificio, e, soprattutto che la presenza di un progetto non poteva certo esonerare il geometra o l'impresa costruttrice, dal risolvere i problemi successivamente contestati.
E' per questo motivo che la Corte d'Appello ha ritenuto rilevante ai fini della decisione, il comportamento dei responsabili quale causa del danno subito e la Corte di Cassazione ha così rigettato il ricorso.


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