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"Le responsabilità di sicurezza negli appalti interni "
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
09/06/2015 -
Pubblichiamo un estratto
dell’approfondimento monografico sul tema degli infortuni sul lavoro “La colpa
negli infortuni sul lavoro” - Bollettino marzo 2015, Camera penale veneziana
“Antonio Pognici”, per il sito internet
www.camerapenaleveneziana.it
Disamina degli obblighi connessi ai contratti d’appalto o di
somministrazione: l’art. 26 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81
A mente dell’art. 1655 del codice
civile “l’appalto è il contratto col quale una parte assume, conorganizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un
servizio verso un corrispettivo di denaro”.
E’ sufficiente scorrere una
rassegna giurisprudenziale civile in tema di responsabilità extracontrattuale
in tema di appalto per avvedersi che la difesa “canonica” dell’appaltatore, chiamato
quale corresponsabile aquiliano del committente, è quella di essere stato un
nudus minister alla mercé di questi.
La giurisprudenza tradizionale in
campo penale è rimasta per decenni ancorata ai canoni civilistici, escludendo
la responsabilità penale (per infortuni sul lavoro) del committente salvo
(oltre alla culpa in eligendo) che questi si fosse ingerito, a vario titolo,
nei lavori appaltati.
“In tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro in caso di contratto di appalto per l'esecuzione di opere,
destinatario delle norme sulla prevenzione degli infortuni è unicamente
l'appaltatore e non il committente. Con il contratto di appalto infatti
l'appaltatore assume ogni rischio inerente all'esecuzione dei lavori ed a lui
compete organizzare il cantiere con propri mezzi e con personale da lui
assunto.” (Cass. Pen. 29/9/1992).
Fino al 1996 la figura del
committente era quasi esclusa dalla diretta responsabilità penale per gli infortuni
sul lavoro nei contratti di appalto, e solo l'intervento della giurisprudenza
(per tutte Cass. Pen., sez. IV, 5 luglio 1990) ha mitigato quella che rischiava
di divenire, a carico del soloappaltatore, una responsabilità
oggettiva.
Così veniva affermata la responsabilità
del committente ogni qualvolta questi si fosse sostituito, ovvero ingerito,
nella sfera di autonomia riservata all'appaltatore nella esecuzione dell'opera
e nella assunzione dei rischi, anche di carattere antinfortunistico, derivanti
da tale esecuzione.
Nessuna delle normative di
riferimento per i lavori eseguiti in contratto di appalto, ovvero D.P.R. n. 547
del 1955, D.P.R. n. 164 del 1956, D.P.R. n. 302 del 1956 e D.P.R. n. 303 del
1956, D.Lgs. n. 626 del 1994, menzionavano il ruolo del committente.
Anche il D.Lgs. 626/1994,
definita “la GrundNorme del diritto prevenzionistico” (Cass. 36398/2013),
continua ad individuare nel solo datore di lavoro il soggetto tenuto a rispondere
direttamente ed in via
principale, del rischio antinfortunistico.
Invero l'art. 7 D.Lgs. 626/1994
evocato nella sentenza in commento “individua nel solo datore di lavoro che
affida i lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno della
propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché
nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima il referente
soggettivo degli obblighi che la medesima disposizione introduce,
essenzialmente al fine di far fronte al rischio c.d. interferenziale, ovveroquel rischio che si determina per
il solo fatto della coesistenza in un medesimo contesto di piùorganizzazioni, ciascuna delle
quali facente capo a soggetti diversi.”
L'art. 7 D.Lgs. n.626/1994 è
stato preso a riferimento per la formulazione dell'art. 26 T.U. D.Lgs. 81/2008
che ha, tuttavia, ampliato l'ambito di operatività della responsabilità del
datore di lavoro appaltatore, non più limitata ai soli cd. appalti
interni, ma anche a tutti i lavori da eseguirsi nell'intero ciclo produttivo
dell'azienda.
Non solo, ma sono stati altresì
ampliati i soggetti chiamati a rispondere penalmente dell'inosservanza delle
misure antinfortunistiche, ricomprendendo in essi anche il committente ed il subappaltatore.
Invero allorché il committente
ponga in essere un'attività di concreta interferenza sul lavoro altrui, la sua
responsabilità viene coinvolta.
Il committente risponde del danno
subito dal dipendente dell'appaltatore ogni qualvolta si siaingerito nell'esecuzione dell'opera
oggetto di appalto, mediante una condotta che abbia comportato la violazione di
norme di presidio antinfortunistico (Cass. 43394/2010). L'art. 26 T.U. 81/2008
è norma molto rigorosa, che palesa la volontà del Legislatore di assicurare al
massimo grado la tutela individuale all'interno del luogo di lavoro, con
massima estensione della previsione dei soggetti in posizione di garanzia
nell'attuazione delle misure di prevenzione nel distretto produttivo aziendale.
Ciclo produttivo che non si
esaurisce solo nell'unitario luogo “fisico” in cui si svolge l'attività produttiva/imprenditoriale,
ma nell'intera area geografica in cui potrebbe essere articolata laproduzione imprenditoriale. Scopo
della norma è, invero, di tutelare tutti i soggetti che, a vario titolo,
concorrono a raggiungere la finalità dell'intero ciclo produttivo attuato
dall'imprenditore-datore di lavoro ( Cass.12 ott. 2007).
La sfera di dominio del datore di
lavoro-appaltatore non può tuttavia estendersi irragionevolmente ad ogni
singola attività che si compie nell'intero ciclo produttivo.
Tanto è vero che lo stesso art.
26 T.U. è stato modificato dal D.Lgs. 106/2009 che pur mantenendo fermo
l'ambito di responsabilità rispetto all'intero ciclo produttivo, ne restringe
la portata prevedendo “sempre che il datore di lavoro abbia la disponibilità
giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro
autonomo.”
E così è stata esclusa la
responsabilità di una società petrolifera per lesioni derivate ad un dipendente
dell'impresa appaltatrice non essendo nella disponibilità della società
petrolifera stessa, bensì del gestore, l'ambiente di lavoro in cui si è svolta
la manutenzione. (Cass. 17846/2012).
A corollario si rende necessario
rilevare che nei casi in cui il datore di lavoro non coincide con ilcommittente, il soggetto che
affida il contratto ha l'obbligo, per quanto disposto dall'art. 26 comma 3 ter
D.Lgs. 81/2008, di redigere il documento di valutazione dei rischi inerenti
alla tipologia delle prestazioni che potrebbero derivare dal contratto.
Invero osservando quanto si
verifica nella realtà nei rapporti di appalto tra committente ed appaltatore il
Legislatore del T.U. ha previsto, all'art. 26, comma 2, lettere a) e b),
obblighi dicooperazione e coordinamento tra
più datori di lavoro quando essi cooperano nell'esecuzionedell'attività lavorativa oggetto
dell'appalto.
Come detto l'art. 3 prescrive
l'elaborazione, da parte del datore di lavoro committente, del DUVRI - documento
unico di valutazione dei rischi interferenti - nel quale devono essere indicate
le misure tanto per eliminare i rischi derivanti dall'attività cui sono esposti
i lavoratori, quanto per eliminare e ridurre i rischi derivanti dalle
interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'opera complessiva.
Ne restano esclusi, per il disposto D.Lgs. 106/2009, le sole attività esenti da
rischi, quali quelle aventi ad oggetto i servizi di natura intellettuali, la
mera fornitura di materiali, ovvero quelli di breve durata se esenti da rischi.
Come è vero che redare il
documento di valutazione dei rischi è obbligo esclusivo e personale del datore
di lavoro, tuttavia per il solo committente datore di lavoro tale redazione può
anche essere delegata a terzi, pur gravando sempre sul committente il
correlativo obbligo. (Cass. 2285/2013).
La Suprema Corte (Cass.
9153/2012) stabilisce che normale diligenza e prudenza deve sempresovrintendere alle attività
imprenditoriali, e pertanto si rende necessario che un imprenditore non solo
provveda alla sicurezza dei propri dipendenti, ma anche garantisca la sicurezza
all'interno della propria azienda anche a chiunque fosse chiamato a lavorarvi,
a qualsiasi titolo.
Ai fini dell'accertamento della
penale responsabilità a titolo colposo, l'interferenza tra impresaappaltante ed appaltatrice non
attiene alla valutazione delle sole attività rischiose, ma comporta che entrambe
le imprese individuino specificamente le attività potenzialmente rischiose, ed intervengano
per limitarne i rischi connessi.
Il personale della ditta
appaltatrice ha diritto di conoscere preventivamente, con valutazione a cura dell'appaltante,
i rischi cui può andare incontro in quel luogo di lavoro (Cass. 6857/2012).
Il principio generale affermato
dalla Cassazione in materia di interferenze tra appaltante ed appaltatrice è
quello secondo cui “ ove i lavori si svolgano nello stesso cantiere predisposto
dall'appaltante in esso inserendosi anche l'attività dell'appaltatore per
l'esecuzione di un'opera...e non venendo meno l'ingerenza dell'appaltante e la
diretta riconducibilità anche a lui dell'organizzazione del comune
cantiere...sussiste la responsabilità di entrambi i soggetti inrelazione agli obblighi
antinfortunistici, alla loro osservanza ed alla dovuta sorveglianza al riguardo”
(Cass. Pen. 5420/2012).
La penale responsabilità
nell'aver colposamente cagionato lesioni ai soggetti coinvolti nell'esecuzione
di un'attività imprenditoriale non riguarda solamente committente ed
appaltatore, ma ricade anche per la previsione dell'art. 26 co. 3 T.U. 81/2008,
sui subappaltatori (Cass. 38546/2012). L'importanza e l'attenzione che la
giurisprudenza riserva alla valutazione dei rischi da parte dei soggetti
variamente coinvolti nell'esecuzione di un'attività in appalto, è tale che si è
giunti ad affermare anche la responsabilità dell'appaltatore rimasto estraneo
alle direttive impartire dal committente al lavoratore.
Ciò sul presupposto che
l'appaltatore è comunque tenuto all'osservanza delle norme prescrizionali antinfortunistiche,
e non va esente da responsabilità nel caso in cui si sia disinteressato nel cooperare
nell'attuazione e nel coordinamento delle misure di sicurezza (Cass.
36284/2012).
In tema di lavori eseguiti
all'interno della stessa azienda da imprese appaltatrici a seguito di contratto
d'appalto o d'opera la normativa previgente, art. 7 D.Lgs. 626/1994,
contemplava che i datori di lavoro genericamente intesi dovessero cooperare
nella prevenzione e protezione dai rischi dell'attività oggetto di appalto,
nonché nel coordinamento degli interventi volti a prevenire i rischi derivanti
dall'interferenza delle varie attività (lett. b).
L'art. 26 T.U. 81/2008 prevede,
sotto il profilo della prevenzione dei rischi nell'appalto, due distinti obblighi:
quello di coordinare gli interventi di programmazione e prevenzione cui sono
esposti i lavoratori, cui sono tenuti i datori di lavoro per tali intendendo
anche i subappaltatori, e quello di promuovere la cooperazione ed il
coordinamento mediante la redazione del documento di valutazione dei rischi, al
quale sono ora tenuti soltanto - a differenza della previgente normativa – i datori
di lavoro committenti, restandone esclusi quelli non committenti, potendosi
quindi ritenere che il reato di omessa elaborazione del documento di
valutazione dei rischi sia da considerarsi reato proprio del datore di lavoro
committente.
La responsabilità del datore di
lavoro committente per i lavori eseguiti nel cd.
appalto interno non si estende tuttavia ad ogni previsione di
rischio. Ne restano esclusi, invero, i soli rischi specifici, tipici e propri
dell'impresa appaltatrice, che implicano la conoscenza di specifiche procedure
od esecuzione di speciali tecniche (Cass. 4481/2010 - 37600/2010).
In ciò si ravvisa una sostanziale
conformità con quanto disposto nella previgente normativa: ai sensi dell'art.7
co. 3 D.Lgs. 626/1994 il datore di lavoro committente era esente dalla
cooperazione con l'impresa appaltatrice nella valutazione dei rischi – allora
denominato piano operativo di sicurezza - nell'ipotesi in cui tali rischi
fossero propri e specifici delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi (Cass. 31296/2005). La valutazione della specificità dei rischi viene
meno, allorché la palese violazione delle norme antinfortunistiche sia
facilmente percepibile dal committente senza particolari indagini (Cass.
48328/2009), nel qual caso la sua responsabilità non è esclusa.
L'art.26 D.Lgs. 81/2008 è reso
applicabile dalla giurisprudenza anche al c.d.
distacco improprio di lavoratori, mentre per il cd. distacco
proprio soccorre la previsione dell'art.3 D.Lgs. 81/2008. La Suprema Corte ha
affermato il principio secondo il quale il datore di lavoro è tenuto ad
assicurarsi che i propri dipendenti lavorino in condizioni di sicurezza nel
momento in cui invia gli stessi presso terzi, ovvero comunque consente che essi
operino in ambienti di lavoro da lui non gestiti ed organizzati (Cass.
34349/2009).
Restando, ovviamente, anche a
carico del beneficiario della prestazione di tale distacco
l'obbligo di garantire la sicurezza, ne deriva che entrambi i datori di lavoro
possono rispondere - a titolo di concorso colposo – nell'aver causato i danni
derivati ai dipendenti dall'eventuale inosservanza di presidi
antinfortunistici.
E' stato affrontato dalla Suprema
Corte anche il tema relativo agli infortuni accaduti in occasione di lavori
affidati in appalto con
contratti di
noleggio “ a caldo” ed “a freddo”. Il quesito riguarda, in particolare, se
colui che noleggia un macchinario ad altro imprenditore debba rispondere degli infortuni
occorsi al proprio dipendente, ma connessi alla cattiva organizzazione
dell'impresa “noleggiante”.
Il contratto di noleggio,
in quanto tale, è figura tipica del codice della navigazione, che lo disciplina
all'art. 348. Quello comunemente definito noleggio nei rapporti di natura
civilistica “ in realtà tale tipo di figura contrattuale rientra nell'alveo del
contratto di locazione disciplinato dall'art.1571 c.c.” (Cass. 23604/2009).
La distinzione tra nolo a caldo
ed a freddo risiede nel fatto che nel primo, a differenza del secondo, oltre al
macchinario viene messo a disposizione dal locatore un proprio dipendente con
una specifica competenza nell'utilizzo del macchinario stesso (ibid.). In
questo la Suprema Corte ha dimostrato diversità di orientamenti. Invero se
talora (Cass. 23604/2009) esclude la responsabilità dell'imprenditore che si
limita a mettere a disposizione il macchinario con un proprio dipendente dal momento
che non assume alcuna posizione di garanzia restando estraneo
all'organizzazione del lavoro di cui si occupa esclusivamente l'imprenditore
“noleggiatore”, l’altra (Cass. 37325/2012) afferma la penale responsabilità
anche del noleggiatore “rispetto alle conseguenze dannose derivanti
dall'inosservanza delle norme antinfortunistiche relative al macchinario
noleggiato”.
In altra pronuncia (Cass.
18628/2010) si esplicita la motivazione di tale ultima responsabilità, insita nel
c.d. “principio di affidamento che non esonera l'affidante da responsabilità
anche quando l'affidato sia responsabile per la sua condotta colposa, nel caso
in cui l'affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante”.
In riguardo alla posizione di
garanzia che assume il noleggiatore, anche per il nolo a freddo è possibile
ravvisare ipotesi di penale responsabilità per infortuni accaduti nell'utilizzo
– da parte dei dipendenti dell'imprenditore noleggiante - del macchinario
oggetto di noleggio.
E' stata affermata – in concorso
con il datore di lavoro del dipendente infortunato - la penale
responsabilità del legale
rappresentante di una società che ha solamente noleggiato un escavatore “per
aver dato un macchinario priva di dispositivi di sicurezza, che comporta la
mancata garanzia del principio di tutela della sicurezza del lavoro e la
violazione delle regole sui dispositivi di sicurezza” (Cass. 14413/2012).
Precisa tuttavia la Suprema Corte nella stessa pronuncia che “il principio di
affidamento non certamente invocabile sempre e comunque, dovendo contemperarsi con
il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei
cui confronti opera la posizione di garanzia ... tale principio non è
invocabile allorché l'altrui condotta imprudente, ossia il non rispetto da
parte di altri di regole precauzionali imposte, si innesti sull'inosservanza di
una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio.”
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