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"Sulla responsabilità del coordinatore non avvisato dell’inizio dei lavori"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
23/05/2016 - Si esprime la
Corte di Cassazione in questa sentenza in merito ad una questione sulla quale spesso
si discute in sede giudiziaria e relativa alla responsabilità o meno del
coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione che a suo dire non è stato
informato dell’inizio dei lavori. Il mancato avviso al coordinatore, ha infatti
sostenuto la suprema Corte, dell’inizio
dei lavori da parte dell’impresa esecutrice non libera lo stesso da eventuali
responsabilità per un infortunio occorso ad un lavoratore se i lavori stessi
erano comunque previsti ed erano inseriti nella programmazione del cantiere.
Pur riconoscendo che al coordinatore
per l’esecuzione non viene richiesta una presenza costante in cantiere ma che
egli esercita un’alta vigilanza sui lavori che in esso vengono svolti, la Corte
di Cassazione ha fatto anzi osservare che il fatto stesso di non essersi
accorto da parte sua dell’inizio dei lavori ha messo in evidenza che tale
vigilanza è risultata essere solo sulla carta attraverso atti formali e non
anche in concreto, il che non vuol dire pretendere la sua presenza costante in
cantiere.
Il fatto e l’iter giudiziario
L’Amministratore Unico e Direttore
Tecnico di un’impresa subappaltatrice di lavori di posa cavi, canaline e corpi
illuminanti da effettuarsi in una galleria ed appaltati da una società
committente, nonché il capocantiere dell’impresa stessa ed il coordinatore per
l’esecuzione sono stati giudicati per il reato p e p dall'art 589 comma 1 e comma
2 cod. pen. perché per colpa, generica e specifica hanno cagionato il decesso
di un lavoratore dipendente della ditta subappaltatrice che ricopriva la
qualifica di montatore I livello. Il lavoratore, durante le operazioni di posa in staffe
reggicanale per posa di cavi elettrici sulla sommità della volta del soppalco
in calcestruzzo della
galleria, precipitava per circa 5 metri all'interno di una apertura non
protetta posta sul piano di calpestio del suddetto soppalco, finendo sul
sottostante manto stradale. A seguito della caduta il lavoratore ha riportato
gravissime lesioni (trauma cranico con sospetta frattura base cranica, con
inondazione ematica della faringe, rinorragia e otorragia bilaterale) che ne
hanno cagionato il decesso.
Al datore di lavoro ed al capocantiere sono state addebitate la colpa
generica consistita in imprudenza e negligenza e la colpa specifica consistita
nella violazione dell'art 68 del D.P.R. n. 164/1956 per non avere provveduto a
che fossero circondate con parapetto o tavola fermapiede o coperte con tavolato
solidamente fissato le 42 aperture, in una delle quali è precipitato il
lavoratore, aperture non protette, aventi un’altezza dal suolo superiore a due
metri e presenti a intervalli regolari nel solaio di calpestio del soppalco in
cemento armato, nonché nella violazione dell'art 4 comma 2 del D. Lgs. n.
626/1994 perché nell'elaborazione del POS
non erano state individuate le misure di prevenzione e protezione per ridurre o
eliminare i rischi e per garantire la sicurezza dei lavoratori nell'esecuzione
dei lavori oggetto del subappalto.
Al coordinatore per l’esecuzione è stata addebitata invece la colpa
specifica per la violazione dell'art 5 comma 1 lettera a del D. Lgs. n. 494/96
per non avere verificata l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice, delle
relative disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento ed in
particolare per non avere rilevato che le aperture verso il vuoto, costituite
dalle aperture presenti nel solaio di calpestio del soppalco in cemento armato,
realizzato all’interno della galleria, aggettanti verso il nastro stradale
sottostante e aventi altezza superiore a due metri, fossero protette da normale
parapetto e tavola fermapiede o coperte con tavolato solidamente fissato in
modo da impedire la caduta di persone, nonché per la violazione dell'art 5
comma 1 lettera b) per non avere adeguato il Piano di Sicurezza e
Coordinamento, in conformità al D.P.R. n. 222/03 e in particolare per avere omesso
di elaborare, a riguardo della specificità per la singola opera da realizzare,
una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei
rischi concreti in relazione all'accertato maggior rischio derivante
dall'esecuzione delle opere sul solaio in cemento armato, presente all'interno
della galleria dove erano ubicate le 42 aperture non protette.
Il Tribunale, all'esito di giudizio ordinario, ha dichiarato il capocantiere
ed il coordinatore colpevoli del reato loro ascritto e, concesse le attenuanti
generiche, ha condannato il capocantiere alla pena di un anno e quattro mesi di
reclusione ed il coordinatore alla pena di due anni di reclusione, oltre al
pagamento delle spese processuali con pena sospesa e non menzione per entrambi
gli imputati.
La Corte di Appello successivamente, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale, appellata dal capocantiere, dal coordinatore e dal committente., ha
dichiarato non doversi procedere nei loro confronti perché il reato ascritto
era estinto per prescrizione ma ha confermato le statuizioni civili nei
confronti del coordinatore e del committente
condannandoli al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile.
Il ricorso in Cassazione e le
motivazioni
Avverso il provvedimento della Corte di Appello ha proposto ricorso per
Cassazione il committente, a mezzo del proprio difensore di fiducia, adducendo
diverse motivazioni. Lo stesso ha fatto presente in particolare che, non avendo
avuto notizia del fatto che fossero iniziate le attività di installazione da
compiersi sulla volta della galleria e quindi di svolgimento di operazioni in
altezza, non era esigibile dal coordinatore l'esecuzione di verifiche volte a
controllare che quelle operazioni si svolgessero in sicurezza. Come avrebbe
potuto lo stesso, ha infatti sostenuto, verificare l'applicazione da parte
dell'impresa esecutrice delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e
coordinamento se, per come è stato provato, non era a conoscenza che fossero in
esecuzione lavori sul solaio. In sostanza, ha sostenuto il ricorrente, è vero
che erano stati "preventivati" i rischi di cadute dall'alto collegati
al fatto di operare all'interno di una galleria, però è vero anche che in quel
momento non era stato ancora stabilito l'inizio dei lavori sulla soletta della
galleria per installare l'illuminazione. L'illogicità della motivazione sarebbe
poi evidente nel passo della sentenza ove è indicato che "
la notizia dell'inizio di tale lavorazione,
anzi, avrebbe segnato il ritardo degli adempimenti inerenti alla sicurezza che,
di norma, devono essere preventivi rispetto all'inizio delle attività
pericolose". E’ evidente che, quale committente, avrebbe dovuto avere
avviso dell'inizio delle attività pericolose sulla soletta con un certo
anticipo così da porre in essere tutti i necessari adempimenti funzionali alla
sicurezza, mentre nel caso in esame l'informazione non è intervenuta neanche in
un momento successivo all'inizio di dette attività.
Per quanto riguarda l’attività del coordinatore per l'esecuzione nel
ricorso è stato posto in evidenza che la sua funzione di “alta vigilanza” non è
da confondere con quella operativa demandata al datore di lavoro ed alle figure
che da esso ricevono poteri e doveri e cioè il dirigente e il preposto. tanto è
vero che il coordinatore articola le sue funzioni in modo formalizzato con la
contestazione scritta alle imprese delle irregolarità riscontrate per ciò che
riguarda la violazione dei loro doveri "tipici" e di quelle afferenti
all'inosservanza del piano di sicurezza e di coordinamento, con la segnalazione
al committente delle irregolarità riscontrate e, solo in caso di imminente e
grave pericolo direttamente riscontrato, con la sospensione dei lavori. Appare
dunque chiara, ha sostenuto ancora il ricorrente, la rimarcata diversità di
ruolo rispetto al datore di lavoro delle imprese esecutrici essendo quello del
coordinatore un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione
delle lavorazioni e non la puntuale stringente vigilanza, momento per momento,
demandata alle figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto).
Le decisioni della Corte di
Cassazione
Le motivazioni addotte dal ricorrente sono state ritenute infondate dalla
Corte di Cassazione che ha pertanto rigettato il ricorso. La stessa ha posto in
evidenza che la condotta omissiva contestata al coordinatore non ne presuppone
affatto la continua presenza nel cantiere ed il continuo controllo sulle
lavorazioni, che non potrebbero richiedersi ad un coordinatore per
l'esecuzione. La responsabilità di quest’ultimo, infatti, sarebbe da ricondurre
alle sue inadempienze in tema di controlli, adeguamento dei piani e
coordinamento, benché il rischio
di caduta dall'alto fosse già stato individuato e fosse programmata
l'attività di posa in opera degli impianti di illuminazione della galleria.
L'attività nel corso della quale è deceduto il lavoratore, ha così
proseguito la Sez. IV, non poteva essere considerata estemporanea e conoscibile
soltanto grazie alla costante presenza del cantiere, ma era prevedibile e
programmata, a nulla rilevando che essa fosse stata intrapresa da poco tempo.
Con riferimento poi all’affermazione fatta dal ricorrente, a sua scusante, e
cioè che l'obbligo di garanzia non potesse dirsi in quel momento sussistente in
ragione del fatto che, a loro dire, gli imputati non erano stati avvisati
dell'inizio dei pur programmati lavori di installazione dell'impianto di
illuminazione sulla volta della galleria, la suprema Corte ha richiamato il
ruolo e le mansioni che il legislatore ha voluto affidare al coordinatore per
l’esecuzione. Questi, in quanto collaboratore del committente, ha una funzione
di vigilanza "alta", da non confondersi con quella operativa
demandata al datore di lavoro ed alle figure che da esso ricevono poteri e
doveri e cioè il dirigente ed il preposto. Lo
stesso, infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, ha una autonoma
funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle
lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle
singole attività lavorative.
In quanto tale, come peraltro ha riconosciuto lo stesso ricorrente, egli ha
varie possibilità di intervento formale quali la contestazione scritta alle
imprese delle irregolarità riscontrate per ciò che riguarda la violazione dei
loro doveri "tipici" e di quelle afferenti all’inosservanza del piano
di sicurezza e di coordinamento, nonché la segnalazione al committente delle
irregolarità riscontrate ed in ultima analisi, in caso di imminente e grave
pericolo direttamente riscontrato, la possibilità di imporre l'immediata sospensione
dei lavori. Ebbene la Corte territoriale, ha fatto osservare la Sez. IV,
non ha messo in dubbio la marcata diversità di ruolo rispetto al datore di
lavoro delle imprese esecutrici e il ruolo di alta vigilanza, che riguarda la
generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale stringente
vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative del datore di
lavoro, del dirigente e del preposto ma ha tuttavia rilevato che nella
circostanza tali compiti di alta vigilanza non sono stati osservati dal
coordinatore.
In realtà, considerata la natura delle lavorazioni e cioè l'installazione
dell'impianto di illuminazione sulla volta di una galleria, evidentemente di
non poco conto, quanto ad utilizzo di materiali e predisposizione di mezzi, al
di là di una formale comunicazione, il loro inizio non poteva passare
inosservato anche a chi, come il coordinatore, rispetto a quelle lavorazioni
aveva da svolgere un tipo di vigilanza "alta". “
Non essersi accorti”, ha così concluso la suprema Corte, “
da parte del coordinatore per l'esecuzione,
dell'inizio dei lavori, rende evidente che la vigilanza risultava in essere
solo sulla carta, attraverso atti formali, ma non anche in concreto. Il che non
vuol dire pretendere la presenza costante sul cantiere da parte del
coordinatore”.
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