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"Sicurezza sul lavoro esperti e politici a confronto "

fonte La Gazzetta del Mezzogiorno, Lucrezia D'Ambrosio / Sicurezza sul lavoro

20/01/2010 - M O L F E T TA . «Fare del lavoro uno strumento del guadagno spregiudicato significa trascinare la vita in uno scenario mostruoso, in cui i numeri, il denaro, la corsa al profitto, mettono in discussione la sola possibilità di esserci»: così Giacomo Pisani dell’associazione Linea 5 che domani, alle 19, organizza l’incontro sul tema «Truck Center, dopo la sentenza di primo grado». All’incontro, che si terrà nella Fabbrica di San Domenico, interverranno Michele Losappio (Ass. Reg. Lavoro), Ennio Minervini (Ass. Linea 5), Ernesto Palatrasio (Rete Nazionale Sicurezza sui Posti di lavoro) e Stefano Sciancalepore, padre di Biagio, una delle vittime dell’incidente sul lavoro che ha bollato, per sempre, la Truck Center di Molfetta, ed ha segnato, per sempre, almeno cinque famiglie, quelle delle vittime. L’in - contro sarà moderato da Onofrio Pappagallo, presidente dell’associazione «Pensare che un’impresa possa sottomettere la vita al profitto, al guadagno illegale – continua Pisani - lede la dignità non solo di Biagio Sciancalepore, degli altri quattro lavoratori e di Stefano, che oggi è qui con noi a parlare e a lottare, ma dell’umanità in ognuno di noi». Le tappe della vicenda. Il 3 marzo 2008 è il giorno della tragedia. Vincenzo Altomare, sessantaquattro anni, Guglielmo Mangano, quarantaquattro, Luigi Farinola, trentasette, Biagio Sciancalepore, ventidue, e Michele Tasca, venti, titolare e dipendenti della Truck Center, si calano in un’autocisterna che deve essere sottoposta a lavaggio. Nessuno dei cinque risale. Uno dopo l’altro vanno incontro alla morte nel tentativo di aiutare il loro compagno, quello che un attimo prima si è calato nella cisterna. Biagio Sciancalepore voleva diventare autista di un camion, Michele Tasca, sognava di diventare chef. Era pronto per partire per una stagione a Cesenatico. Luigi Farinola, Guglielmo Mangano e Vincenzo Altomare, erano sposati. Avevano moglie e figli. Farinola stava per diventare padre per la seconda volta. Il 5 marzo, due giorni dopo, a Molfetta si ritrova il mondo dei sindacati e della politica. La città intera sfila in corteo per rappresentare la propria solidarietà e il proprio dolore. Sfilano anche i vertici di Cgil, Cisl e Uil e i rappresentanti della politica a tutti i livelli. A Molfetta, per incontrare i familiari delle cinque vittime, arriva anche Romano Prodi. Il 7 marzo, il giorno dei funerali, la città si ferma. Non perché lo chiedono i vertici del Comune, che proclamano il lutto cittadino, non perché lo impongono, in qualche modo le circostanze e il clamore mediatico che la notizia ha suscitato in tutta Italia. Molfetta vive davvero il lutto e partecipa in massa al dolore e ai funerali congiunti dei cinque uomini. Non c’è spazio nella Chiesa della Madonna della pace. Non c’è spazio sul sagrato e neppure oltre nel raggio di cinquecento metri. Nel frattempo la Procura di Trani apre una inchiesta che, poco più di un anno dopo, il 28 aprile di quest’anno, porterà all’inizio del processo. Alla sbarra: Filippo Abbinante, Alessandro Buonopane, Mario Castaldo, Pasquale Campanile, Fs Logistica, La Cinque Biotrans e la Truck Center, tutti ritenuti, a vario titolo, responsabili della morte dei cinque uomini (solo Abbinante verrà assolto). class="Ad aprile del 2009 il processo comincia la muovere i primi passi. Il 1 giugno la prima udienza dibattimentale. I testi cominciano a raccontare in un’aula di tribunale ciò che è accaduto all’inter no della Truck Center. Il 26 ottobre, cinque mesi dopo quella data, nonostante la pausa estiva abbia imposto un freno, c’è la sentenza. Tutti, a vario titolo colpevoli, tranne l’autista della cisterna killer.

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