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"Processo alle società anche senza i colpevoli"

fonte Il Sole 24 ore / Sicurezza sul lavoro

08/03/2010 - Tra le disposizioni normative introdotte dal D.Lgs. n. 231/2001, merita sicuramente un'analisi particolare la previsione di cui all'art. 8, il quale, nel sancire il principio di autonomia della responsabilità dell'ente collettivo, offre interessanti spunti di discussione in ordine alla natura stessa del sistema di responsabilità ideato dal legislatore del 2001. Schematicamente, il sistema sanzionatorio per gli enti collettivi è strutturato, così come indicato dall'art. 5, attraverso l'attribuzione di una responsabilità per connessione con il compimento di un reato a vantaggio o interesse dell'ente da parte di una persona fisica legata da un rapporto funzionale con l'ente stesso, rapporto che può essere di rappresentanza (per i soggetti in posizioni apicali) o di subordinazione, per i soggetti sottoposti all'altrui direzione. Nel caso di reato commesso da soggetti in posizioni di vertice (art. 6), l'ente risponde in maniera tendenzialmente assoluta, sulla base di una presunzione di colpevolezza che determina sorta di inversione dell'onere della prova; infatti, è stabilito che l'ente non risponde se prova: di aver adottato "modelli di organizzazione" adatti a prevenire il reato verificatosi; di aver affidato a un "autonomo organismo interno" il compito di vigilare sull'osservanza dei modelli; che gli autori del reato abbiano eluso fraudolentemente i modelli organizzativi; che non vi è stata omessa vigilanza da parte del suddetto organismo di controllo.Nel caso di rapporto di subordinazione (art. 7), la responsabilità è modellata sullo schema di fattispecie colposa, sulla base di una strutturale colpa di organizzazione interna all'ente che ha reso possibile la commissione del reato. In entrambi i casi, dunque, la sottoposizione dell'ente alla sanzione origina da una condotta penalmente rilevante direttamente attribuibile a una persona fisica, attraverso un meccanismo definibile come responsabilità "a rimbalzo" , e dal quale coerentemente consegue, tra l'altro, la scelta legislativa sancita dall'art. 38 di trattare nella stessa sede processuale, quella penale, l'illecito del singolo e quello del soggetto collettivo. Su questa premessa, dunque, è evidente che l'art. 8 assume un'importanza fondamentale in quanto le disposizioni ivi contenute sembrerebbero differire con i sopra indicati criteri di attribuzione di responsabilità accessoria legata al reato. La norma citata, significativamente rubricata sotto il titolo "autonomia delle responsabilità dell'ente", infatti, prevede che la responsabilità sussista anche quando: l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. Le conseguenze dell'estinzione del reato-presupposto. In tal senso l'accertamento della responsabilità dell'ente non costituisce un mero pendant del giudizio di colpevolezza dell'autore. Già la relazione ministeriale al D.Lgs. n. 231/2001 aveva sottolineato come proprio la formulazione dell'art. 8 confermasse "in maniera inequivocabile" il titolo autonomo di responsabilità dell'ente e, di conseguenza, la natura assolutamente innovativa del nuovo sistema sanzionatorio ideato per gli enti collettivi, appunto prevedendo in determinate situazioni, in deroga al principio generale del simultaneus processus previsto all'art. 38, l'instaurazione del procedimento anche in assenza dell'autore materiale del reato. Evidentissimi i risvolti di natura pratica: si pensi, per esempio, alla possibilità di celebrare il processo nei confronti dell'ente anche dopo la morte dell'autore del reato o dopo l'intervenuta estinzione per prescrizione, tanto più rilevante quest'ultima ipotesi se solo si considera che, per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, il legislatore ha adottato un sistema diverso rispetto a quello previsto dal codice penale per la prescrizione del reato.

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