News
"Imparare dagli errori: incidenti in attività di conciatura delle pelli"
fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro
04/10/2011 - In questi anni “ Imparare
dagli errori” ha affrontato l’analisi di un numero notevole di incidenti
professionali, spesso partendo dalle problematiche dei DPI
e DPC
mancanti o dalle attrezzature
più pericolose per i lavoratori.
Con
questa puntata inauguriamo un nuovo taglio nella scelta dei casi da mostrare,
analizzare e corredare di indicazioni normative e preventive: l’
attività lavorativa. Affronteremo cioè
infortuni professionali partendo da alcune attività di lavoro correlate alla
cronaca di diversi incidenti di lavoro, tratta – come nei casi che affronteremo
oggi - dall’archivio di
INFOR.MO. ( strumento
per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio) o da altri archivi e
informazioni reperibili.
In
particolare oggi ci occuperemo di incidenti in
attività di conciatura delle pelli, con particolare riferimento
all’uso del bottale, un grosso contenitore al cui interno si effettuano
numerose lavorazioni del ciclo conciario.
I casi
Nel
primo caso siamo in una un'azienda
terzista conciaria che effettua le
lavorazioni
sulla pelle fino alla fase di conciatura.
Un
lavoratore di origine senegalese si trova nel locale detto riviera ed è intento
al controllo della fase di conciatura delle pelli detta piclaggio.
Tale
operazione “avviene entro appositi
bottali
muniti di impianto di aspirazione aria e si inserisce nelle fasi della
conciatura pelli, dopo la decalcinazione (purga) e prima della concia al cromo.
In tale fase, all'interno dei bottali vengono introdotti una serie di agenti
chimici che sviluppano una serie di reazioni a catena che portano al
formarsi di acido solfidrico, che è un gas incolore, inodore, e mortale per
inalazione anche in basse concentrazioni”.
Dai
risultati ed accertamenti avvenuti dopo l’incidente sembra che il lavoratore
“abbia aperto il portello del bottale per controllare le pelli e che nel
contempo sia stato investito dal gas
fuoriuscito dal bottale stesso”, accasciandosi al suolo e svenendo.
L'infortunato è deceduto poco dopo.
Tra
i fattori determinanti e modulatori dell’incidente abbiamo:
-
l’
errore procedurale del controllo
pelli nel bottale con “apertura portello prima dell'avvenuta aspirazione”;
-
un’inefficienza dell’
impianto estrazione
vapori da bottale;
-
il mancato uso di idonei dispositivi
di protezione individuale ( maschera
antigas).
Il
secondo caso è relativo ad un
secondo lavoratore straniero, in questo caso di origine serbo-montenegrina.
Un
lavoratore mentre lubrifica il perno di un bottale situato a ridosso di una
parete perimetrale viene preso e trascinato dal bottale in movimento
(rotazione) subendo un trauma/schiacciamento tra il bottale e il pilastro di
sostegno in cemento.
Il
movimento del bottale “doveva essere impedito da
catena con micro di interblocco posta in posizione tale da impedire
l'accesso. Il micro era guasto”.
Anche
in questo caso assistiamo sia ad un errore
procedurale (lubrificazione di parte di macchina con bottale in movimento),
sia ad una carenza della macchina (il bottale con micro di interblocco guasto).
La prevenzione
Possiamo
trovare alcune indicazioni e informazioni per la prevenzione nei materiali di
un videocorso [1]
di formazione sulla sicurezza in conceria.
Nel
videocorso, ricco di immagini e sequenze esplicative adatte alla formazione
dei lavoratori, si indica che il
bottale
è generalmente “costruito con doghe di legno e ruota a bassa velocità attorno a
due perni che poggiano su basamenti in calcestruzzo” e gli organi di
trasmissione e la grande massa rotante “costituiscono una potenziale fonte di
schiacciamenti, trascinamenti o urti”.
Per
evitare questi pericoli nelle zone
laterali e posteriori del bottale sono poste delle “protezioni distanziatrici
fisse che impediscono il contatto con la macchina in movimento”, mentre nelle
zone frontali troviamo delle “protezioni mobili dotate d’interruttori di blocco
che in caso di apertura arrestano immediatamente la macchina. In alternativa
alle protezioni mobili si possono trovare delle fotocellule che agiscono
anch’esse bloccando il movimento di rotazione”.
Generalmente
il bottale prevede la realizzazione di una passerella per il carico dei
prodotti chimici ed il controllo del "bagno" in condizioni di sicurezza.
La passerella è dotata di “protezioni per evitare cadute o contatti accidentali
con il bottale”.
L’interno
del bottale è poi messo in comunicazione con l’esterno attraverso l’asse cavo:
“questo foro si utilizza per alimentare il bottale con i prodotti liquidi e per
prelevare e reintrodurre il bagno con il bottale in rotazione”. Uno dei perni
del bottale è collegato “con un
impianto
di trattamento per aspirare e filtrare i vapori nocivi che si sviluppano
nelle fasi di lavorazione”.
Nel
corso, che affronta diverse tematiche relative alla sicurezza, si parla della
fase del piclaggio. Questa fase ha lo
scopo di preparare le pelli alla concia: “si utilizzano, oltre ad acqua e sale,
acido solforico e acido formico, due prodotti
liquidi altamente corrosivi”.
Al
di là dei suggerimenti relativi allo stoccaggio dei prodotti, si sottolinea che
l’elevato potere corrosivo di tali sostanze “richiede agli operatori l’uso d’
indumenti protettivi: guanti
antiacido in neoprene, occhiali
a mascherina antispruzzo e maschera con filtro per gas e vapori inorganici di
classe B3”.
Inoltre
non bisogna dimenticare che la “
diluizione
dell’acido solforico con acqua deve essere fatta aggiungendo sempre l’acido
all’acqua e non viceversa: si eviteranno spruzzi d’acido ed il surriscaldamento
nel punto di contatto tra acido solforico e acqua”.
Inoltre
l’apertura del bottale - dopo le fasi di decalcinazione, macerazione e
piclaggio – è “un momento particolarmente a rischio per la possibile presenza
di residui d’idrogeno solforato non completamente aspirati dall’impianto
apposito”: è dunque necessario “aprire il bottale indossando una maschera
a protezione elevata con filtro di tipo B3 per gas e vapori inorganici”.
Riguardo
alla sicurezza della fase conciaria denominata piclaggio, sul sito dell’Ispesl
è presente uno spazio relativo a “ Linee guida per
la sicurezza nella lavorazione conciaria denominata pikel”.
In
questo spazio si sottolineano, ad esempio, gli e
ffetti sull’organismo dell’idrogeno solforato.
L’idrogeno
solforato è “assorbito pressoché esclusivamente attraverso l’ apparato
respiratorio per inalazione; l’assorbimento per via cutanea assume uno
scarso rilievo”. Se gli effetti lesivi dell’H2S variano notevolmente
a seconda delle condizioni di esposizione, “già a basse concentrazioni l’ H2S
è dotato di un’azione irritante che si manifesta soprattutto a carico degli
occhi e delle vie aeree superiori. Le lesioni oculari si manifestano,
nell’ambito di concentrazioni tra le 50 e le 300 ppm, con prurito, bruciore e
lacrimazione. A livello dell’apparato respiratorio le lesioni vanno
dall’irritazione rinofaringea, raucedine e tosse stizzosa, alla broncopolmonite
e edema polmonare, che possono insorgere per esposizioni a concentrazioni tra
le 250 e le 600 ppm. A carico delle mucose dell’apparato gastroenterico possono
comparire precocemente lesioni irritative che si manifestano con nausea vomito,
iperacidità e pirosi. L’ idrogeno
solforato mostra un’azione lesiva specifica a carico del sistema nervoso
centrale, che si manifesta con mal di testa, vertigini, eretismo psichico,
tremori, astenia, convulsioni, perdita di coscienza, arresto respiratorio e
coma”.
Nel
bottale la
quantità di gas che si libera
“dipende principalmente da alcune variabili che sono:
-
l’accuratezza con cui è lavata la pelle nelle fasi precedenti (durante il
lavaggio si ha l’allontanamento del solfuro presente nella pelle);
-
lo spessore della pelle; a maggior sezione della stessa si rileva una maggiore
quantità di solfuri presenti all’interno”.
Spesso
la presenza del gas all’interno del bottale quindi raggiunge
concentrazioni elevate. “Misurazioni effettuate hanno rilevato
concentrazioni di H2S che superavano le 2000 ppm, in grado quindi di
provocare gravi danni all’operatore, in caso d’ inalazione,
evidenziando quindi l’entità del rischio per gli addetti a questa lavorazione”.
Come
già accennato per la prevenzione di questo rischio, i bottali in cui è
effettuato il piclaggio devono essere dotati “d’idonei impianti d’aspirazione
ed abbattimento dell’idrogeno solforato, in grado di eliminare il gas e
permettere una sicura attività lavorativa”.
Pagina
introduttiva del sito web di
INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato la scheda numero
1434 (archivio incidenti 2005/2008) e
la scheda numero
1441 (archivio
incidenti 2002/2004).
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1354 volte.
Pubblicità