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"Lavoro nei porti: normativa e documento di sicurezza"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
11/05/2012 - Diversi articoli di PuntoSicuro hanno affrontato il tema della
salute e sicurezza nei porti, anche con
riferimento al coordinamento tra il D.Lgs.
n. 272 del 27 luglio 1999 (“Adeguamento della normativa sulla sicurezza e
salute dei lavoratori nell’espletamento di operazioni e servizi portuali,
nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi
in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485") e il Decreto legislativo 81/2008.
Sul
tema si sofferma anche un
Working Paper,
un breve saggio
prodotto da
Olympus ( Osservatorio
per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla
sicurezza del lavoro) e dal titolo “
La sicurezza sul lavoro nei porti”.
Il
saggio, a cura di Alessia Giurini, Ornella La Tegola e Luca Miranda (Diritto
del lavoro, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale), ha
l’obiettivo di fornire un contributo allo studio della
disciplina della sicurezza sul lavoro nel settore portuale.
Dopo
aver ribadito le differenze tra lavoro portuale e lavoro marittimo (il lavoro
del personale a bordo delle navi) e aver fatto riferimento alla legge 28
gennaio 1994 n. 84 (legge di riordino
della legislazione in materia portuale), il saggio evidenzia gli
aspetti di rischio del lavoro nei porti,
“benché poi gli infortuni non emergano particolarmente nelle statistiche per il
numero ridotto di occupati in questo settore su scala nazionale, soprattutto se
confrontato con le cifre di agricoltura ed edilizia”.
Riguardo
ai
rischi “si pensi al settore delle lavorazioni
di manutenzione, riparazione e trasformazione della navi in ambito
portuale, presente come polo industriale organizzato e rilevante in alcune
realtà portuali italiane ma più in generale in quasi tutti i porti per esigenze
di riparazione e manutenzione delle navi”.
Abbiamo
dunque
rischi derivanti dalle
riparazioni, con riferimento ad esempio a:
-
“l’inalazione di sostanze aerodisperse nei lavori
di saldatura, pitturazione, coibentazione con materiali sostitutivi;
-
il rischio rumore
e vibrazioni, radiazioni elettromagnetiche;
-
il rischio legato alla movimentazione delle attrezzature;
-
il rischio di caduta dall’alto o in mare;
-
il rischio derivante dai carichi sospesi”.
A
questi rischi si aggiungono poi i
rischi
derivanti “dall’interazione terra-mare giacché sono presenti lavoratori di
innumerevoli afferenze, autotrasportatori, marittimi, spedizionieri,
passeggeri, personale degli enti portuali, dei servizi tecnico-nautici, degli
enti pubblici con ruolo di controllo, dei servizi vari”.
Anche
alcuni studi confermano l’esistenza di rischi specifici nell’ambito del lavoro
portuale e “le malattie correlate al lavoro a bordo delle navi e al lavoro
portuale andrebbero ad aggiungersi a tutti gli incidenti che derivano, ad
esempio, da carico e scarico delle merci nelle banchine, che costituiscono,
comunque, un numero tutt’altro che trascurabile” (nel documento si fa
riferimento ad alcuni incidenti al porto di Genova che nel corso di otto mesi
del 2011 hanno provocato sei morti).
Il
saggio analizza i concetti chiave della sicurezza con la specificazione delle
tipologie di rischio e individua i soggetti della sicurezza e della vigilanza
con i relativi compiti e competenze. Senza dimenticare le tematiche della
valutazione dei rischi e del ruolo del rappresentante della sicurezza.
Riguardo
al Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi
di lavoro, si fa particolare riferimento all’articolo 3, comma 2 – “nell’ambito
dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni dell’appena citato
decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari
esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative” – e
all’attesa emanazione di un decreto che detti “le disposizioni necessarie a
consentire il coordinamento con la disciplina recata dal d.lgs. n. 81/2008 alla
normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al
d.lgs. 27 luglio 1999, n. 271, e in ambito portuale, di cui al d.lgs. n.
272/1999”.
Ricordiamo
che, in virtù di varie deroghe ai termini originari del D.Lgs. 81/2008, la
scadenza per tale emanazione è fissata al
15
maggio 2012.
Invitando
i nostri lettori ad una lettura esaustiva del saggio, ci soffermiamo sul
documento di sicurezza.
Infatti
il D.Lgs. 272/1999 indica i vari adempimenti da adottare per assicurare la
tutela della salute dei lavoratori portuali e la prevenzione e la protezione
dai rischi: un ruolo chiave è ricoperto dall’
elaborazione del documento di sicurezza
di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994 e
successive modifiche. È evidente che tale rinvio è ora da intendersi
correttamente operato alla valutazione dei
rischi di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008.
In
questo senso “i requisiti generali che devono avere i documenti di sicurezza
redatti dai datori di lavoro portuali sono, pertanto, quelli descritti
dall’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008, cui si aggiungono, per la
particolarità del lavoro accennata, i requisiti specifici di cui all’art. 4 del
d.lgs. n. 272/1999 e, nel caso delle operazioni di manutenzione, riparazione e
trasformazione, quelli di cui all’art. 38 del medesimo decreto”.
Il
saggio indica che lo stesso D.Lgs. 272/1999 “pone in capo al titolare
dell’impresa capo-commessa l’obbligo di elaborare il documento di sicurezza e
prevede puntuali disposizioni inerenti le operazioni e i servizi portuali il
cui rispetto è controllato dalle specificate autorità competenti Capitaneria di
porto e ASL”.
Dopo
aver analizzato alcuni aspetti dell’art. 28 del Testo Unico, ci si sofferma su
altre specificità del Decreto 272 in relazione al
contenuto del documento di sicurezza nei porti.
L’art.
4 dispone infatti “che vengano descritte le operazioni e i servizi portuali
oggetto dell’attività dell’impresa portuale nonché l’individuazione di ogni
fase o ciclo di lavoro in relazione alla tipologia della nave, della merce e
dei materiali movimentati e dell’attrezzatura portuale utilizzata”. La “mancata
indicazione delle lavorazioni effettivamente previste nella commessa oggetto
del piano di sicurezza comporta la perdita di specificità e di utilità del
documento”. Inoltre l’art. 4 e l’art. 38 del d.lgs. n. 272/1999 prevedono “che
venga indicato il numero medio dei lavoratori e il loro impiego per ogni ciclo
o fase di lavoro e ambiente di lavoro. In particolare, l’art. 38 aggiunge
l’obbligo di individuare
le fasi nelle
quali si può verificare la presenza contemporanea di un numero consistente di
lavoratori che svolgono lavorazioni diverse in uno stesso ambiente”, nonché
“l’obbligo di indicare le imprese che eseguono i lavori”.
Il
documento sottolinea le
analogie tra il
lavoro nei porti e il lavoro nei cantieri temporanei e mobili: “è per tale
motivo che si ritiene che, nell’individuare le norme applicabili in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non si
possa prescindere dalle specifiche disposizioni previste nel d.lgs. n.
81/2008 in materia di cantieri temporanei e mobili”. Ad esempio con riferimento
almeno ai documenti che devono essere redatti quando si opera all’interno di un
cantiere temporaneo o mobile (ad esempio il piano di sicurezza e di
coordinamento, il piano operativo di sicurezza e il documento di valutazione
dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i
rischi da interferenze). Rischio interferenziale a cui il saggio dedica un
intero capitolo.
Il
saggio si conclude infine con una disamina dell’attività di vigilanza sulla
sicurezza in ambito portuale, sulle peculiarità del lavoro nei porti, sul ruolo
cardine delle rappresentanze interne dei lavoratori
per la sicurezza e il ruolo complementare degli organismi paritetici nella
gestione collettiva delle condizioni di sicurezza.
Olympus
- Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e
giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ La
sicurezza sul lavoro nei porti”, a cura di Alessia Giurini (assegnista di
ricerca in Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Cassino e del
Lazio Meridionale), Ornella La Tegola (assegnista di ricerca in Diritto del
lavoro nell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale) e Luca
Miranda (dottore di ricerca in Diritto del lavoro nell’Università degli Studi
di Cassino e del Lazio Meridionale),Working Paper di Olympus 9/2012 (formato
PDF, 341 kB).
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