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"La Cassazione sulla movimentazione manuale dei carichi"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
02/07/2012 -
Commento a cura di G. Porreca.
E’ la sicurezza dei lavoratori nella
movimentazione manuale dei carichi il tema che viene preso in esame dalla Corte
di Cassazione in questa sentenza nella quale la stessa ribadisce e sottolinea
quanto già sull’argomento è stato indicato dalle disposizioni di legge in
materia di salute e di sicurezza sul lavoro (art. 167 e seguenti del D. Lgs. 9/4/2008
n. 81). Il datore di lavoro, sostiene la suprema Corte, se proprio non può
evitare la movimentazione
manuale dei carichi deve adottare misure organizzative necessarie o
ricorrere a mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, allo
scopo di ridurre al minimo il rischio che tale movimentazione manuale possa
comportare.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha assolto il legale
rappresentante di una Cooperativa per il delitto di cui all'articolo 590 c.p.
per lesioni aggravate in danno di un operaio dipendente della Cooperativa stessa.
Al legale rappresentate era stato addebitato di avere fatto lavorare l'operaio senza
ridurre il rischio connesso alla movimentazione di arredi ed in particolare
senza fornire mezzi meccanici per il trasporto oltre che guanti di sicurezza e scarpe
antiscivolo per cui, mentre lo stesso stava provvedendo al trasporto di una
cassettiera metallica da un ufficio ad un altro, sito in una diversa scala del
palazzo, all'atto di scendere alcuni scalini, è scivolato e si è procurata una
grave lesione al polso destro (sezione dei tendini flessori del radiale del
carpo, con un'inabilità di circa un anno), in quanto il braccio infilato
all'interno del vano di un cassetto era rimasto intrappolato e lacerato durante
la caduta.
Il Tribunale nella sentenza ha fatto presente
che:
- la Cooperativa aveva fornito all'operaio guanti di
plastica e stoffa e non vi era alcuna prova che fossero inidonei a garantire la
sicurezza, salvo che per un evento del tutto imprevedibile quale il peso del
mobile metallico in caduta;
- aveva fornito anche scarpe antinfortunistiche, sebbene
in quanto strette, l’operaio non le utilizzasse al momento del fatto;
- l'istruttoria dibattimentale in ogni caso non aveva
consentito di acclarare le reali cause della caduta e, pertanto, non era certo
che essa fosse riconducibile alla mancanza di scarpe antiscivolo;
- la Cooperativa, con riferimento all'addebito della
movimentazione manuale del carico, era dotata di carrelli e cinghie e, per casi
particolari, era solita noleggiare macchinari ed inoltre nel caso di specie il
trasporto a mano di una cassettiera era da considerare una modalità adeguata, per
cui, in assenza di prove di condotte negligenti del datore di lavoro, il
Tribunale stesso ha disposta l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non
costituisce reato.
La Corte di Appello, a seguito della impugnazione del
P.M. e della parte civile, ha successivamente riformata la pronuncia di primo
grado condannando l'imputato alla pena di euro 300 di multa (pena condonata) ed
al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. La Corte di
Appello stessa era pervenuta a tale conclusione sulla base delle seguenti
valutazioni:
- per quanto attiene alla contestazione della mancata
fornitura di guanti non adeguati alle finalità di prevenzione, andava
evidenziato che essi in realtà erano stati forniti sebbene poi in fatto si
fossero dimostrati inadeguati e, in ogni caso, tale circostanza aveva inciso
come concausa sulla entità del danno patito;
- con riferimento alla omessa fornitura di adeguate
scarpe antiscivolo (della misura idonea all'utilizzo da parte dell’operaio
infortunato), tale omissione aveva determinato la caduta e la circostanza che
le scarpe fossero state fornite all'operaio, ma fossero troppo strette,
equivaleva ad omessa fornitura;
- le modalità di trasporto erano risultate inadeguate, in
quanto sarebbe stato possibile utilizzare dei "carrellini", limitando
il rischio di cadute.
Il ricorso in Cassazione
e le decisioni della suprema Corte.
Avverso
la
sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, lamentando fra l’altro
che l'istruttoria dibattimentale non era riuscita a determinare le cause della
caduta dell’operaio e pertanto non poteva farsi risalire l'evento alla
responsabilità dell’imputato stesso. Peraltro nessuna delle condotte a questi contestate
era sussistente in quanto i guanti erano stati forniti ed erano adeguati
all'uso e marcati CE ed erano state fornite anche le scarpe adeguate sebbene il
giorno del fatto la persona offesa indossasse scarpe da ginnastica: In ogni
caso, ha sostenuto il difensore dell’imputato, mancava la prova che la caduta fosse stata
determinata dalla inadeguatezza dei calzari ed inoltre la vittima faceva parte
di una squadra sotto la direzione di un preposto che avrebbe dovuto pertanto controllare
la corrette modalità del trasloco e l'utilizzo di strumenti a disposizione
dell'azienda.
Il ricorso è stato ritenuto infondato e pertanto rigettato.
“
Il Decreto Legislativo n. 626 del 1994,
articolo 48”, ha sostenuto la suprema Corte, “
disciplina gli obblighi del datore di lavoro nella movimentazione
manuale dei carichi, prevedendo in via generale che egli deve disporre misure
organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare
attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale
dei carichi da parte dei lavoratori. Qualora non sia possibile evitare la
movimentazione manuale dei carichi, è necessario che egli adotti "misure
organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori
stessi i mezzi adeguati allo scopo di ridurre il rischio che comporta la
movimentazione manuale di detti cariche. Infine, secondo il disposto del comma
4, il datore deve valutare le condizioni di sicurezza del lavoro e adottare di
conseguenza misure idonee a ridurre i rischi”.
Ciò premesso, ha sostenuto la Sez. IV, dall'istruttoria
dibattimentale è emerso che le regole cautelari indicate nell’articolo 48 del Decreto
Legislativo n. 626 del 1994 e quella prevista dall’articolo 43 del medesimo
Decreto Legislativo (in relazione al dovere del datore di lavoro di fornire ai
lavoratori i D.P.I. idonei alla sicurezza, nel caso di specie guanti e scarpe),
sono state violate, in quanto nell'esecuzione del lavoro non sono stati
utilizzati dispositivi meccanici di trasporto in relazione al mobile metallico da
trasportare. Inoltre, a fronte del fatto che il trasloco esponeva i lavoratori
a rischi, è risultato che l’infortunato non fosse munito di adeguate scarpe
antiscivolo e di guanti antitaglio.
L'imputato si è difeso evidenziando che la Cooperativa
aveva fornito sia scarpe antiscivolo che guanti rinforzati e che aveva inoltre
la disponibilità di mezzi meccanici, sebbene quel giorno non fossero utilizzati
in ragione della semplicità del lavoro da svolgere, e sostenendo altresì che al
controllo della correttezza delle operazioni di lavoro era stato delegato il
capo cantiere. A fronte di tale linea difensiva però la Sezione IV ha precisato
che la Corte di merito aveva osservato, con puntuale e coerente motivazione,
come agli atti non fosse stata prodotta alcuna delega scritta indicante
funzioni da svolgere e poteri conferiti. In ogni caso, ha proseguito la suprema
Corte, “
anche a volere, in via ipotetica,
ritenere la presenza di valide deleghe, va ricordato che il datore di lavoro
(nel caso di società, il legale rappresentante) in quanto titolare primario
della posizione di garanzia in materia di sicurezza, non può dismettere
totalmente tale posizione e conserva pur sempre obblighi di vigilanza sul
rispetto delle norme di sicurezza”.
Orbene, nel caso in esame, ha proseguito la Sez. IV, è stato
acclarato che:
- pur essendo la movimentazione di mobili metallici una
operazione potenzialmente rischiosa, essa è stata svolta senza l'ausilio di
mezzi meccanici e senza la adozione di alcuna cautela sostitutiva;
- i guanti utilizzati non erano antitaglio, sebbene il
rischio fosse prevedibile a fronte della movimentazione di oggetti metallici,
peraltro con modalità approssimative;
- il lavoratore, al momento del fatto, utilizzava
personali scarpe da ginnastica e non quelle aziendali antiscivolo, in quanto
quelle fornite erano di un numero a lui non adatto. Per quanto sopra detto, ha
sostenuto quindi la suprema Corte, è emersa una chiara disorganizzazione
complessiva del lavoro per la quale non poteva non attribuirsi la
responsabilità alla scarsa opera di vigilanza del datore di lavoro che quindi,
colpevolmente, con le sue omissioni aveva fornito un contributo causale alla
verificazione dell'evento dannoso.
La circostanza che
il lavoratore infortunato non potesse utilizzare i calzari antiscivolo, in
quanto inadatti per numero al suo piede, ha quindi concluso la suprema Corte, testimonia
della disorganizzazione delle misure di sicurezza e della programmazione del
lavoro di cui deve rispondere l'imputato in quanto è venuto meno ai suoi obblighi
di vigilanza.
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