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"Addetti all’emergenza:criticità del ruolo e strategie di selezione"
fonte www.puntosicuro.it / Rischio incendio
19/10/2012 -
Gli
addetti all’emergenza o alle squadre di emergenza hanno dei compiti molto
complessi che, anche se inquadrati in specifiche procedure, richiedono un
impegno personale intenso sul quale si segnalano tre criticità da prendere in
considerazione al fine di predisporre piani di lavoro per la selezione, la
formazione e il sostegno di tale personale:
-
criteri utilizzati per la valutazione del pericolo;
-
resistenze nell’affrontare il pericolo;
-
presenza nell’ambiente di persole affettivamente significative.
Criticità
Valutazione/conferma del pericolo
Al
di là degli aiuti che la tecnologia offre, rimane spesso un margine soggettivo
nella valutazione del pericolo e della sua evoluzione.
Tale
processo cognitivo non è sempre facile sia per le condizioni nelle quali si
manifesta una situazione di emergenza, sia per i caratteri di novità che spesso
contiene. Ciò determina un processo cognitivo per nulla scontato perché si deve
confrontare con gli ostacoli dovuti al modo in cui funziona il nostro cervello,
propenso a commettere errori di valutazione.
Gli
studi sugli errori percettivi evidenziano molti aspetti che vengono sottovalutati
nelle situazioni di emergenza. Vediamone solo alcuni esempi.
-
Di fronte a un problema, viene elaborata una prima valutazione sulla base dei
dati che ci appaiono salienti e che sono a portata di mano. Ciò determina una
sorta di “ancoraggio” percettivo che determina il modo in cui si andranno a
considerare tutti i dati successivi.
-
Di fronte a due stimoli della stessa rilevanza si tende a seguire quello che
altera l’esperienza per primo, sospendendola verso l'altro.
-
Gli stimoli inattesi intensificano la risposta delle aree cerebrali preposte
alla distribuzione dell'attenzione andando a coprire tutti gli altri.
-
Quando una persona è impegnata in un compito che le chiede un alto livello di
concentrazione il suo cervello sopprimerà con maggior forza gli elementi che,
provenienti dall'ambiente, tendono a distrarla rispetto ai casi nei quali la
stessa persona è impegnata in un compito più semplice.
-
La memoria è costruita due volte: nel momento stesso in cui la si fissa, e
ancora nel momento in cui andiamo a recuperare i ricordi; in entrambi questi
processi ci sono dei vuoti che sono riempiti con inferenze inconsapevoli e solo
quando questi frammenti sono integrati e rendono sensata l'esperienza che si
vuole ricordare che ci ritroviamo di fronte a ciò che chiamiamo memoria.
Accanto
a ciò occorre ricordare che buona parte delle decisioni vengono prese sulla
base di due quadri di riferimento generali: frames e script cognitivi.
Frame
in inglese significa cornice, inquadratura e in psicologia indica una sequenza
di eventi tipo che la persona ha imparato e sulla quale si aspetta che le nuove
situazioni si sviluppino. In questo senso i frames condizionano la percezione
che la persona ha dell’evento rispetto a ciò che si aspetta possa accadere.
Possiamo dire che la consapevolezza che la persona sviluppa verso la situazione
che si trova a vivere è profondamente condizionata dai frames che utilizzerà.
Accanto
ai frames agiscono gli scripts che in ambito psicologico possono essere
identificati come i “copioni” che le persone utilizzano di fronte agli eventi.
Nel corso della vita le persone elaborano una serie di “copioni” che le aiutano
ad orientarsi quando incontrano eventi noti e che si ripetono. Ciò deriva
dall’esperienza, ma ancor di più da “significati” che permettono una visione
culturale condivisa degli eventi. Se i frames condizionano la percezione, gli
scripts hanno una grande influenza sulle reazioni delle persone di fronte
all’evento.
I
frames e gli script di cui abbiamo parlato, pur appartenendo ad un'esperienza
passata, sono in grado di determinare la nostra esperienza attuale. Quando
queste attese vengono violate il nostro cervello fatica ed impiega comunque del
tempo per elaborare in modo diverso i dati percettivi, e questo può determinare
sia errori sia ritardi nei processi decisionali nelle situazioni di emergenza.
Due
esempi “storici” posso aiutare a chiarire questi concetti: l’attacco della
setta Aum alla metropolitana di Tokyo e la tragedia di Hillsborough.
Essere chiamati ad affrontare un pericolo
La
seconda criticità è determinata dal fatto che l’addetto è chiamato a
confrontarsi con la tendenza naturale che ogni persona ha di allontanarsi da un
pericolo, specie quando l’ipotesi di poterlo aggredire risulta perdente. Se il
meccanismo attacco-fuga può valere per molte situazioni è evidente che di
fronte a un incendio o
a un crollo il meccanismo prevalente è quello della fuga.
Ora
l’addetto si trova a dover contrastare questa tendenza senza che ciò comporti
di arrivare a creare quella forzatura che chiameremo negazione della realtà per
cui la paura, come parte sana dell’esperienza umana, viene negata per far posto
ad una mal posta spavalderia che pone il singolo e i suoi colleghi in una
situazione veramente pericolosa.
Lavorare in un ambiente affettivamente pregnante
L’addetto
aggiunge a tutto ciò anche la caratteristica specifica di dover operare
all’interno di un ambiente affettivamente molto significativo sia per i
significati che gli oggetti e l’ambiente hanno per lui (come si può distruggere
un ambiente nel quale si lavora per contenere un incendio?) sia per la presenza
di persone a lui legate.
Quest’ultimo
è l’aspetto più significativo perché la preoccupazione per la sorte di persone
affettivamente importanti può seriamente interferire nei pensieri e nelle
decisioni che l’addetto deve prendere.
Criteri di
contenimento delle criticità
Una
volta esaminate le criticità vorrei proporre alcuni criteri che possano farvi
fronte, e nello specifico: caratteristiche personali, formazione e sostegno
Caratteristiche personali
Data
la complessità, ci si interroga se esistano dei criteri per la selezione che
vadano al di là di quelli più comunemente utilizzati e che fanno riferimento
alla disponibilità personale o, peggio, al fatto di considerare quella risorsa
non utilmente impiegabile in altri ruoli aziendali. La ricerca scientifica non
ha identificato dei criteri condivisi a livello internazionale, per cui
proveremo a sottolineare alcuni punti che ci paiono centrali e che possono
essere evidenziate attraverso strumenti di indagine tecnica e scientifica.
Buona resilienza
Intesa
come la capacità di una persona di adattarsi agli eventi avversi della vita,
ciò che spesso impropriamente viene chiamata “forza d’animo”.
Capacità di
lavorare in gruppo all’interno di un’organizzazione
Appare
del tutto evidente che una situazione di emergenza
non può essere risolta da soli, né dalla somma degli addetti, e che la capacità
di lavorare in gruppo è decisiva.
Capacità di
assumere un ruolo di leader
È
importante che il sistema di sicurezza preveda la presenza di una guida
qualificata (basata sia sulle informazioni messe a disposizione delle persone,
sia sulla presenza di personale formato ad essere di riferimento in tali
circostanze) al fine di rispondere alla richiesta che in tal senso proviene
dalla persone coinvolte.
Il senso di
autoefficacia che la persona vive in quel momento
Come
convinzione delle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di
azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno
in un particolare contesto, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati.
Locus of control
Nel
senso che coloro che hanno un locus of control interno percepiscono di poter
influenzare con le proprie decisioni e azioni il corso degli eventi di vita,
mentre coloro che hanno un locus of control esterno credono che la fortuna, il
fato o altri più potenti abbiano la responsabilità per il risultato degli
eventi.
Formazione
Una
volte delineate le caratteristiche personali vediamo come la formazione può
supportarle positivamente.
La
formazione, per rispondere alle criticità esposte, non può limitarsi agli
aspetti tecnici, ma deve essere attenta allo sviluppo anche di altre
competenze. Si può quindi prevedere:
-
la conoscenza dei comportamenti attesi da parte delle persone in situazioni di emergenza;
-
lo studio, meglio se condotto in modo seminariale, di eventi tipo. Analizzare
le soluzioni positive adottate arricchisce i modelli utilizzabili, mentre
quella degli errori mette in guardia da tutte le trappole culturali, cognitive
e procedurali insite in ogni situazioni di emergenza;
-
l’esercitazione. Questa strategia formativa è tanto più efficace quanto
permette di stressare i diversi aspetti dell’emergenza e di attivare il
fondamentale processo di apprendimento dagli errori, così trascurato dalla
cultura attuale. Ciò comporta che ogni esercitazione deve essere esaminata
attraverso un preciso protocollo di analisi (quasi inesistente nel nostro
paese) e di affiancare all'analisi tecnica relativa all'andamento di questa
formazione partecipata, anche l'analisi delle emozioni vissute perché, seppur
in misura ridotta, esse si riproporranno anche nelle situazioni reali e appare
estremamente utile fornire una chiave di lettura anche di quest'ultime.
Si
tratta, in sostanza, di aumentare la capacità delle persone di comprendere cosa
sta accadendo, sottraendosi alla trappola dei frames, e di accrescere il numero
di scripts a disposizione, permettendo di attivare con maggior probabilità
comportamenti idonei ad affrontare la situazione in atto, che non apparirà come
del tutto ignota e incomprensibile.
Sostegno
Il
sostegno che gli addetti sentono di avere appare un’ultima strategia
indispensabile.
Parlando
di sostegno in primo luogo occorre riprendere quanto già accennato in
precedenza riguardo alla resilienza organizzativa, la quale ha alla sua base il
fatto che l’addetto sente di avere la fiducia dell’organizzazione sia in
termini di investimento formativo sia in termini di considerazione del ruolo.
La
seconda forma di sostegno è quella che potremmo definire “manutenzione
dell’operatore” che consiste nella sua partecipazione alle esercitazioni, ma
ancora di più - come già sottolineato - all’analisi anche emotiva
dell’andamento delle stesse.
Infine
il sostegno emotivo dopo ogni intervento in emergenza
appare essenziale. Oggi sappiamo che chi si adopera per le azioni di soccorso
si trova a vivere situazioni emotive coinvolgenti e molto profonde (senza
dimenticare che in questo caso si trova ad operare all’interno di quella
complessità emotiva di cui abbiamo parlato).
In
questo senso il sostegno emotivo va fornito sempre (sarà libertà dell’addetto
rifiutarlo), ciò comporta due vantaggi:
1.
evitare che disagi apparentemente di piccola portata possano incistarsi in
sofferenze più gravi ed estese;
2.
dare il segnale che l’organizzazione ha a cuore il suo personale di emergenza a
cui chiede molto, ma che ha deciso di sostenere (ecco un esempio di resilienza
organizzativa ben applicata).
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