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" L’individuazione diretta del datore di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
29/11/2012 -
Approfondimento
Nota: si veda anche la prima parte dell'articolo già pubblicata da PuntoSicuro, dedicata al commento della sentenza della
Cassazione Penale 19.10.2012, n. 41063.
Il datore di lavoro delegato per la sicurezza,
a differenza di quel che si legge in numerose deleghe aziendali, non esiste, è una
costruzione concettuale priva del benché minimo fondamento legislativo e
giurisprudenziale, oltre che autocontraddittoria posto che l'articolo 16 del D. Lgs. n. 81/2008 quando parla di delega
all'art. 16 prevede che il delegante sia sempre lui il datore di lavoro e
il delegato sia più semplicemente il
delegato del datore di lavoro (e non l'inesistente datore di lavoro delegato)
(Art. 16 D.Lgs. n. 81/2008).
Dunque
esiste il massimo vertice aziendale, che ha il potere finale di decisione e
spesa che è l'autentico datore di lavoro, al più vi saranno uno o più delegati
del datore di lavoro ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008. Ma si veda
anche l'articolo 17 - Obblighi del datore di lavoro non delegabili del D.Lgs.
81/2008.
Il
datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:
a) la
valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento
previsto dall’Articolo 28; [per il datore di lavoro ammenda da 2.000 a 4.000
euro in assenza degli elementi di cui all’Articolo 28, comma 2, lettere b), c)
o d), o senza le modalità di cui all’Articolo 29, commi 2 e 3, (ammenda da
1.000 a 2.000 euro in assenza degli elementi di cui all’Articolo 28, comma 2,
lettere a) primo periodo ed f];
b) la
designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi; (per il datore di lavoro arresto
da tre a sei mesi o con l’Ammenda da 2.500 a 6.400).
Come ha
scritto un fine cultore della materia, “
l’individuazione
di datore di lavoro va dunque operata ricercando quel soggetto, o in quei
soggetti, i quali siano funzionalmente in grado di far fronte alle incombenze
accollate dalla legge a tale soggetto. Il problema si pone in modo evidente
nelle strutture aziendali complesse, in relazione alle quali è necessario
individuare i livelli decisionali dell’ente deputati ed in grado di soddisfare
la posizione di garanzia accollata al datore di lavoro. Si considera,
innanzitutto, che
non si tratta
necessariamente di individuare un’unica persona fisica, essendo concepibile che
il ruolo venga svolto contestualmente da una pluralità di soggetti: si
pensi, a mo’ di esempio, al caso in cui l’ente sia amministrato da un consiglio
(cfr. art 2380, comma 2, Codice Civile),
con
la conseguenza che la figura di datore di lavoro può cadere sull’intero consiglio di
amministrazione” (Walter Saresella).
Giova
qui ricordare che, come insegna la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 4981 del
6/2/2004) la
definizione di datore di
lavoro "
... non è intesa nel
senso esclusivamente civilistico e giuslavoristico, e quindi limitata a chi è
titolare del rapporto di lavoro, ma
si
estende a chi ha la responsabilità dell'impresa o dell'unità produttiva ed è
titolare dei poteri decisionali e di spesa ...(in base al
)
principio di effettività (oggi art. 2 comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008
). Con questa modifica non si fa più
riferimento ad un dato formale ... ma altresì a dati di natura sostanziale
quali la responsabilità dell'impresa o dell'unità produttiva purché
accompagnati - questo è il punto - dai poteri decisionali e di spesa”. Insomma
ciò che rileva,
al fine di creare la qualità di datore di lavoro
, e quindi la posizione di garanzia
, sono il potere di decidere e quello di
spendere. Chi li possiede è datore di lavoro e quindi titolare della posizione
di garanzia ... Ma il principio di effettività non ha mai significato che il
soggetto gravato della posizione di garanzia - e che disponeva dei poteri di
decidere e di spendere - potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale
e lo stesso istituto della delega di
funzioni è stato assoggettato ad una rigorosissima serie di vincoli che
comunque non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del
delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di
controllo sull'opera del delegato. Insomma il principio di effettività è un
metodo, anche conoscitivo, per riportare la responsabilità laddove si trovano i
poteri di decidere e di spendere e non un modo per esonerare da responsabilità
chi, per scelta propria, di questi poteri disponga ma non li eserciti".
Lo scaricabarile, per usare parole semplici, non è consentito dall'ordinamento
giuridico italiano.
Ancora,
per quanto qui rilevato, nella stessa sentenza si sottolinea che: "
nel caso di una società di capitali
originariamente il datore di lavoro (in
senso civilistico) va individuato nel consiglio di amministrazione o
nell'amministratore unico. Ove, con la nomina di uno o più amministratori
delegati, si verifichi il trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per
questo va interamente escluso un perdurante obbligo di controllo nella gestione
degli amministratori delegati”. All'individuazione nel Consiglio di
Amministrazione delle società di capitali (del)l'originario datore di lavoro
consegue la constatazione di come quest'ultimo si trovi in una
"posizione di garanzia"
inderogabile, di natura pubblicistica: "
proprio in relazione alla natura dei beni tutelati (in particolare la
vita e la salute delle persone) ... dal principio di inderogabilità delle
funzioni di garanzia ... consegue altresì che il problema della riserva dei
poteri di controllo neppure si pone posto che
sono proprio i poteri originari correlati alla posizione di datore di lavoro
che non possono essere unilateralmente o convenzionalmente rinunziati".
Con la conseguenza che i doveri "residui" di controllo dei membri del
Consiglio di Amministrazione derivano dalla inderogabilità della loro
"posizione di garanzia" e sono - solo - civilisticamente previsti
anche dal 2° comma dell'art. 2392 c.c., nella forma attenuata - ma non
eliminata - successiva alla riforma del diritto societario (D.Lgs n. 6/2003).
Concetto
ribadito, più di recente, dalla stessa Corte Suprema nella sentenza
n. 38991/2010: "
questa Corte in
plurime sentenze ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da
società di capitali
gli obblighi
inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla
legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i
componenti del consiglio di amministrazione
(Cass. IV, 6820/07, Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza
di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori,
specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione
può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori
membri del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché
non possono comunque essere trasferiti i
doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento
sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega".
Va però
rilevato che in base ad un
criterio di
ragionevolezza si preferisce escludere che questo obbligo (di vigilanza sul
generale andamento della gestione aziendale, sulle scelte strategiche anche in
materia di sicurezza sul lavoro) riguardi anche gli
aspetti minuti della gestione, senza porre però in dubbio
l'esigibilità di un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione.
Si riferisce a tale generale andamento non l'adozione di una singola misura di
prevenzione per la tutela della salute di uno o più lavoratori o il mancato
intervento in un singolo settore produttivo ma la complessiva gestione
aziendale della sicurezza (Cass. Pen.,
sez. IV, 6.2.2004 n. 4981, Ligresti e altri).
La
sentenza Cass. Pen. Sez. IV, 10.06.2010, Quaglierini ed altri (c.d. sentenza
Montefibre), affronta il tema in
relazione alla vicenda giudiziaria di una società che gestiva uno stabilimento
dedito alla produzione di fibre di nailon ove si faceva uso di amianto per coibentare
i tubi ed i macchinari. Nella specie, della morte di alcuni lavoratori, che
nello stabilimento avevano inalato polveri di amianto, contraendo malattie (asbestosi e mesotelioma pleurico), che li
aveva portati al decesso, erano stati chiamati a rispondere tutti i membri del
consiglio di amministrazione, anche in presenza di una delega ad uno o più
amministratori delle attribuzioni in materia di sicurezza ed igiene sul
lavoro: ciò sul rilievo che
su
tutti gravava il compito di vigilare sulla complessiva politica di sicurezza
dell’Azienda, il cui processo produttivo prevedeva l’utilizzo dell’Amianto,
con conseguente esposizione dei lavoratori al rischio di inalazione delle
relative polveri. La S.C. ha affermato il principio che la posizione di garanzia degli altri
componenti del consiglio di amministrazione non viene meno con riferimento a ciò
che attiene alle
scelte aziendali di
livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni: da ciò
derivando che, anche in ossequio al disposto dell’Articolo 2392 del codice
civile, nonostante la delega,
permane la responsabilità dei vertici
aziendali e, quindi, di tutti i
componenti del consiglio di amministrazione, quanto agli eventi lesivi
determinati da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo. Aggiungendo,
testualmente, che in una fattispecie analoga a quella oggetto di giudizio,
relativa ad impresa il cui processo produttivo prevedeva l'utilizzo
dell'amianto e che aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di
inalazione delle relative polveri, si è ritenuto che,
pur a fronte dell'esistenza di amministratori muniti di delega per
l'ordinaria amministrazione e dunque per l'adozione di misure di protezione
concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell'attività
produttiva, gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il
compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell'azienda.
Il cui radicale mutamento - per l'onerosità e la portata degli interventi
necessari - sarebbe stato indispensabile per assicurare l'igiene del lavoro e
la prevenzione delle malattie professionali.
In sostanza, in presenza di strutture aziendali
complesse, la delega di
funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il
frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti
strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei
vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di
amministrazione. Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di
totale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre
a carico del delegante permangano obblighi di vigilanza ed intervento
sostitutivo.
La delega di funzioni antinfortunistiche:
requisiti
La
sentenza che qui si commenta ( Cass. Pen., 19.10.2012, n. 41063) precisa che va
anche ricordato che il datore di lavoro ha la possibilità, attraverso una
'delega', di trasferire in capo ad altro soggetto poteri ed obblighi
originariamente appartenenti al delegante in materia di sicurezza sul lavoro. In
sostanza il datore può trasferire in capo ad altro soggetto la sua posizione di
garanzia. La delega di funzioni era in passato prevista dall'art. d.lgs. 626
del 1994, è ora disciplinata esplicitamente dagli artt. 16 e 17 del d.lgs. 81
del 2008.
Le
predette disposizioni “prevedono stringenti requisiti formali e sostanziali per
la validità della delega”:
a) che
risulti da atto scritto;
b) che
il delegato possegga i requisiti di professionalità ed esperienza per lo
svolgimento del compito;
c) che
attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo
richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che
essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria ;
e) che
la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Requisiti
stringenti, quindi in inderogabili, pena l'invalidità della delega medesima.
La
Corte, sulla base di questi presupposti (vedi prima parte dell’articolo, ndr),
ne trae una conclusione chiara: “
ne
consegue da quanto detto che la delibera assembleare del 4\9\2009 (priva di
data certa e non annotata sui pubblici registri), richiamata nella sentenza di
proscioglimento, con la quale è stata riconosciuta a (altro imputato)
la 'nomina' a datore di lavoro, con
attribuzione di funzioni di vigilanza e di prevenzione, anche a volerla
considerare una delega, per la sua genericità non è idonea a trasferire la
posizione di garanzia gravante sull'amministratore (primo imputato e socio
amministratore della s.n.c.) (datore di lavoro ai sensi del cit. art. 2)”
(Cass. Pen., 19.10.2012, n. 41063). Dal che, continua la sentenza, ne deriva “
un'ulteriore erronea applicazione della
legge da parte del giudice di merito”, che ha quindi mandato illecitamente
assolto quel che in effetti era e resta l'effettivo datore di lavoro (si veda
anche l'art. 299 del D.Lgs. n. 81/2008), a prescindere dall'improprio “atto di
nomina aziendale” di altro soggetto quale ipotetico “datore di lavoro”.
Va
osservato che sono due i requisiti inderogabile della nomina prodotta in
giudizio che la rendono inidonea perfino come delega di funzioni antinfortunistiche,
che se correttamente predisposta avrebbe esonerato da responsabilità il datore
di lavoro, e sono la mancanza della data certa e la sua assoluta genericità.
Non a
caso in precedenza si era statuito che “
la delega deve indicare in modo specifico e analitico
i poteri conferiti al delegato” (Cass. 20/10/2000 n. 10752) deve essere
“
puntuale,
espressa e specifica” (Cass. pen. 8 aprile 1993, n. 3439).
Va
osservato peraltro che più volte, la Corte di legittimità, ha ribadito che “
la
delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro
in ordine al corretto espletamento da parte
del delegato delle funzioni trasferite in ordine alla correttezza della
complessiva gestione del rischio da parte del delegato (cfr. Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 10702 del 01/02/2012 Ud. (dep. 19/03/2012), Rv. 252675)”. Sul punto
la sentenza di merito impugnata dall'accusa col ricorso per cassazione è
ritenuta dalla Corte di legittimità “
assolutamente carente di motivazione”.
La
sentenza della Cassazione in esame perciò
annulla
la sentenza assolutoria del G.u.p. di Milano, rinviando per una nuova
decisione “
al Tribunale di Milano che si
uniformerà ai principi sopra enunciati”.
Rolando Dubini, avvocato in Milano
L'articolo completo " L'attribuzione della qualità di datore di lavoro è stabilita per legge" di Rolando Dubini (disponibile per gli abbonati alla Banca dati di PuntoSicuro).
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